domenica 4 agosto 2013

La graziella gialla

Ogni anno è la stessa storia.
Arriviamo ai primi di agosto stanchi, nervosi, aggressivi per il caldo e i tentativi di far combaciare orari di lavoro e del centro estivo fino a che non andiamo a portare i bambini al mare.
Fine settimana tutti insieme nella Ridente Cittadina Costiera, nella casa che fu dei genitori del Nonno SantoSubito e prima di ripartire sganciamo uno dei due Emme dalle Nonne che sono in vacanza nel lido vicino. Il fine settimana dopo si replica cambiando gli Emme.
E io che sogno la casa vuota, senza carte di Yu-gi-oh tra i  piedi, senza vestiti e scarpe da raccogliere dai posti più disparati, senza cartoon o Mtv che urlano dallo schermo e poi mi ritrovo a condividere una stanza con la gatta e mi sento improvvisamente sola.
E un pochino triste.
In più questa volta si è aggiunto un piccolo magone in più.
Già, cara NonnaBionda, è "colpa" tua. Di questi giorni sono cinque anni che te ne sei andata, del resto una che amava viaggiare come te non poteva organizzare la sua più grande partenza che nei giorni del grande esodo di massa. E te ne sei andata continuando a fare progetti per il futuro, per le cure termali a settembre e per la scuola di Emmegrande che sarebbe cominciata di lì a poco.
Che i tuoi nipoti li hai sempre adorati, ma il maggiore era più tuo dell'altro, ridendo dicevamo sempre che ne avevo fatto uno per te e uno per tuo mariito. E ridevo, ma questa storia mi ha sempre fatto un po' incazzare, non sopportavo che tu pretendessi di dirmi come dovevo crescere mio figlio, che mentre io lo sgridavo per qualche monelleria tu continuassi ad abbracciarlo e baciarlo sotto i miei occhi. Così come probabilmente tu hai mal sopportato la mia cialtroneria e la mia ruvidezza, tu che eri una Signora con la maiuscola, sempre inappuntabile, perfettamente vestita e pettinata e truccata, con la casa sempre in ordine.
Ma ci volevamo bene e ci siamo fatte anche delle belle risate, delle belle confidenze, ognuna con le nostre diversità, con le nostre arrabbiature ma con la consapevolezza del nostro affetto reciproco.
E poi lo hai sempre saputo che adoro tuo figlio, che per i bambini darei la vita, che comunque ce l'ho sempre messa tutta.
Emmegrande, ancora adesso, a volte apre l'armadio e caccia il naso nella tua pelliccia, che tuo marito ha voluto che prendessi io e che avrò iindossato sì e no due volte, durante le ondate di neve e freddo polare. Dice che sa odore di nonna.
A te stava bene, io con quel pelo addosso sembro un'orsa goffa e sgraziata.
La casa del mare ha ancora lo stesso odore, nei cassetti, nei centrini sui comodini, nel maglione che ti avevo regalato e che è ancora nel primo cassetto, nelle boccette di smalto per le unghie ormai raggrumato che sono in bagno.
E nella graziella gialla che usavi per andare al mare, sfidando impavida il viale principale.
Dall'ombrellone del vecchio bagno ti vedevamo che l'assicuravi con la catena al parcheggio e scommettevamo quanto ci avresti messo ad arrivare, mezz'ora o più perché ti dovevi fermare ad ogni ombrellone, ad ogni sdraio, a salutare, a cianciare, a curiosare, a fare la "psicologa da spiaggia" come diceva tuo figlio.
Ecco, quella graziella gialla da quest'estate la usa Emmegrande, orgoglioso e fiero di poggiare i piedi su quei pedali, fa un casino micidiale con i freni ma è diventato così grande che va bene per lui.
E quando arriva sulla spiaggia impiega esattamente lo stesso tempo che impiegavi tu per raggiungere l'ombrellone, prima i sono le soste al ping pong, al calcio balilla, al campo da calcio, all'ombrellone dell'amico...
E mentre lo vedevo incedere veloce sulla ciclabile pensavo a quando ne saresti orgogliosa, e ho dato la colpa della lacrima che mi è scesa all'acqua di mare negli occhi.

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