lunedì 19 agosto 2013

Cercare un senso nelle cose

Gamil abitava nei dintorni di El Fayum, ma lavorava come bagnino a Sharm el Sheik. Alto, bello, addominali scolpiti e capelli rasati. Esibiva con orgoglio un costumino anni '70 e la croce copta tatuata sul polso sinistro, quello del cuore.
Gamil adorava Emmepiccola, diceva che gli ricordava suo figlio che non vedeva da mesi, Emmepiccola ricambiava con entusiasmo, ogni volta che arrivava al bordo della piscina lo chiamava a gran voce, Gamiiiiiil!!!! e quello si liberava dalle turiste russe che pretendevano che spostasse loro il lettino ogni qualvolta il sole si muoveva e correva da lui. Lo faceva volare in alto, lo riprendeva al volo dai suoi tuffi spericolati in vasca, gli insegnava a nuotare a dorso. Quando lo abbiamo salutato alla fine delle vacanze era commosso e non voleva la mancia che volevamo lasciargli. Siete stati amici, non clienti.
Mohammed invece era mussulmano, veniva da un paese vicino Luxor e lavorava come barista a Marsa Alam. Che poi non ho mai capito cosa facciano i miei figli agli egiziani, ma alla fine anche da lui sono riusciti a farsi adorare. Magari è soltato perché io e Emmemaxi abbiamo insegnato loro che il personale dei resort non appartiene alla categoria degli schiavi ma dei lavoratori, e quindi le cose si chiedono educatamente, per favore, e si ringrazia dopo averle ottenute, che anche e soprattutto a loro sono obbligatori il buongiorno e la buonasera, che si deve rispettare il loro lavoro perché con il loro lavoro rendono piacevoli le nostre vacanze.
Comunque quando l'estate scorsa siamo andati a salutarlo perché eravamo in partenza ha chiamato i bambini dietro il banco del bar e li ha riempiti sottobanco di succhi di frutta in tetrabrick, nonostante il braccialetto dell'all-inclusive fosse stato rimosso da due ore.
Dovevamo partire martedì prossimo per Sharm, non sarà così.
E sono immensamente triste.
Ma non per la vacanza che non si farà, andremo da un'altra parte.
Io amo profondamente l'Egitto, è un Paese con il quale, per tante ragioni, il mio cuore è legato a doppio filo.
E adesso che vedo le immagini che arrivano da Il Cairo e riconosco quelle strade, quel ponte da cui la giornalista racconta di scontri, di sparatorie, di morti, di stragi, il mio cuore sanguina come se fosse sotto le pallottole.
E non riesco a trovare un senso a tutto questo, non riesco a concepire una democrazia imposta con le armi, non riesco a giustificare chi uccide in nome di qualunque Dio, la verità mi sembra una coperta così corta che da qualunque parte la tiri ti lascia i piedi scoperti.
Provo un enorme schifo nei confronti dei miei connazionali che si lamentano e si incazzano perché la loro vacanza "è rovinata", come puoi pensare che sia vacanza quando a poche centinaia di chilometri la gente muore?
Emmegrande sta aspettando da sabato che il suo amico Elshra, compagno di classe che trascorre l'estate a Il Cairo con i nonni, risponda al messaggio che gli ha inviato per sapere se è tutto a posto. Io cerco di tranquillizzarlo, probabilmente ci sono problemi con la linea o non avrà portato il cellulare in Egitto, vedrai che al primo giorno di scuola lo ritroverai senza alcun danno, ma anche io temo per lui, per le sorellina piccola e i suoi codini buffi e per la sorella grande, che ha scelto di non portare il velo e quest'anno deve cominciare le superiori, per la loro mamma che si annoda il velo in maniera vezzosa e indossa le t-shirt di hallo kitty. E per il loro papà, che non va mai con loro perché lavora per tutta l'estate e magari li sta aspettando.
L'unica cosa che mi consola è che Gamil, a El Fayum, e Mohammed nel suo paesino vicino Luxor non dovrebbero trovarsi sui fronti opposti della stessa barricata.
Ma piango per tutti i Gamil e tutti i Mohammed che non torneranno più a lavorare per noi nei resort.
Risorgi, Egitto.

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