martedì 22 aprile 2014

Una cavalletta in mezzo ai grilli

sottotitolo: gli uomini - da subito - capiscono veramente il giusto.

Ti sei fatta distinguere da subito, e non solo per la tua pelle ambrata e per i ricci neri refrattari alla costrinzione della coda di cavallo, unica ragazza tra i dieci e passa componenti della squadra di basket ma, soprattutto, per il fatto che hai preteso subito il tuo spazio e il tuo ruolo.
Che non è stato quello che magari ci si aspettava da te, sugli spalti a strillare parecchie ottave sopra al limite consentito per un tiro vincente o, dio ce ne scampi, sul parquet con un gonnellino a pieghe a sventolare pon-pon.
E' stato chiaro che le tue intenzioni erano ben altre, almeno a te.
Non altrettanto per i tuoi compagni di squadra: cacchio, una ragazza! Cosa vuole una ragazza qui dentro?
E ai sorrisetti condiscendenti e ironici dei primi tempi sono subentrate smorfie risentite, sempre più frequenti ad ogni allenamento, ogni tiro stoppato sottocanestro, ogni passaggio intercettato, ogni palla soffiata a centrocampo, ogni rimessa vanificata dalle tue entrate spericolate sempre al limite del falloso, ogni punto segnato.
Perché una ragazza non può far fare figure barbine ai suoi compagni di squadra, non può correre senza mai dar segni di cedimento dal primo minuto all'ultimo, non può sbarrare la tua strada piazzandosi davanti con un'espressione risoluta e battagliera e poi non farti passare.
Una ragazza deve essere carina, vezzosa e, se proprio vuole, può iscriversi al corso di pallavolo delle galline del campo adiacente, e strillare ogni volta che un tiro più forte scheggia un'unghia.
Ma tu no, non ci sei stata, e hai continuato a correre imperterrita con le tue lunghe gambe da cavalletta in mezzo a quella banda di grilli pretentendo soltanto quello che ti è dovuto: nemmeno l'ammirazione ma il rispetto.
Ma loro, figurati, non capiscono. Non vedono quanto sei bella. E lo sei per la tua diversità assoluta dalla maggior parte delle tue coetanee, per la tua caparbietà, per la tua tenacia, per la tua forza e per il tuo orgoglio. Bella alla fine dell'allenamento, distrutta dalla stanchezza e fradicia di sudore, bella, per dirla come Emmepiccola, come un ghiacciolo alla cocacola che si sta sciogliendo. Per loro hai soltanto invaso il loro campo, il loro spazio di scarpe puzzolenti e ascelle pezzate, di battute trivie sulle compagne di classe, quelle gne-gnè con i capelli già schiariti e i primi esperimenti di trucco in faccia, quelle che quando loro passano con la borsa dell'allenamento in spalla si scambiano confidenze e risatine stridule dietro il dorso delle mani e ammiccano alle loro masse di ormoni semoventi. Tu sei grezza, sei fallosa, scarmigliata e selvaggia, e li spaventi.
Non possono essere dalla tua parte, perché sconvolgi tutte le loro certezze, perché hai più palle tu da sola di quelle che ci sono nelle mutande di tutto il resto della squadra.
E' per questo che quando hai vinto la gara di tiri liberi contro tutti gli altri ti hanno applaudito tutti i genitori sugli spalti ma non loro, i tuoi compagni di squadra. E te ne sei andata con gli occhi lucidi, la coda di cavallo mezza sfatta, sbatacchiando la tua borsa come se fosse uno di loro, di quelli che ti hanno fatto buuuu quando sei uscita dal campo.
Imparerai a fregartene, che devi fare il doppio della fatica degli uomini per ottenere la metà della stima che riservano per i loro simili lo sai già. Ma ce la farai e quelle lunghe gambe ti porteranno molto più lontano di quanto credi adesso.
Perché io so che un domani, quando l'essere nata da genitori nordafricani non conterà più niente, tu avrai una maglia azzurra della nazionale di basket, e io vorrò essere lì ad applaudirti.
Poi verrò a salutarti e, se non mi riconoscerai, ti dirò chi sono.
Sono la mamma di quel pollo che aveva la maglia numero 33, di quello che guardavi con occhi adoranti, che per un inverno intero hai aspettato all'uscita mentre lui sparava cretinate con i suoi amici, quello a cui hai porto la mano per aiutarlo a rialzarsi ogni volta che è finito a terra, che hai consolato dopo le sconfitte e che hai abbracciato dopo le vittorie.
Quello che era troppo giovane, troppo immaturo per capire la tua bellezza infinita di perla nera e ti ha preferito una gne-gné vezzosa e truccata che non se l'è mai filato nemmeno di striscio, una perla d'arsella.
E spero anche di dirti che ha capito e che ha cambiato gusti.

Cacchiolina, sai con una nuora come te come mi divertirei?