martedì 25 febbraio 2014

Sala d'attesa

Io mi ammalo raramente.
Cioè, per essere più corretti mi ammalo con la stessa frequenza degli altri comuni mortali, solo che il più delle volte faccio finta di niente.
Perché se accetto di avere il raffreddore, la febbre, lo squaraus o il virus significa che mi devo dar malata al lavoro, e se mi do malata poi devo stare agli arresti domiciliari, perché i dipendenti pubblici non hanno la reperebilità dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 20 come tutti gli altri lavoratori, ma dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18, quindi se sono a casa in mutua non posso uscire nemmeno imbottita tipo bibendum e dopata di paracetamolo per andare a recuperare Emmepiccola a scuola ma devo stare sempre a disposizione del fantomatico medico fiscale che potrebbe venire a verificare se sono una fancazzista o effettivamente fuori uso.
E quindi finché posso reggo, e finché posso significa finché ho un bagno a disposizione, la febbre inferiore a 38 (a volte anche 38.5) o finché me la cavo con una quantità di fazzoletti di carta tutto sommato trasportabile in borsa.
Altra ragione perché non mi "ammalo" mai è che avere un certificato di malattia dal mio medico di base è un'avventura che nemmeno Salgari avrebbe potuto immaginare.
Innanzitutto non crediate che l'Anto, medico e amica della FamigliaSbullonata, sia uno di quei medici che cura e certifica per telefono, se la chiamo dicendo "Anto, ho un giradito, mi prescrivi una pomata?" lei pretende che vada nel suo studio, mi faccia le canoniche due ore di coda anche se ho un appuntamento, visita il dito, la mano, il braccio, l'ascella e l'apparato respiratorio e già che c'è misura anche la pressione e le pulsazioni. Fino ad adesso ho evitato l'esame rettale ma credo che sia stata solo forutna. Idem se le telefono dicendo "Anto, questa notte sono stata male, mi fai un certificato di mutua per oggi?". La prassi è la stessa: ambulatorio, visita, certificazione. E ogni volta da il minimo sindacale, sul genere che se ti presenti da lei stremato e con 40° di febbre la frase è sempre la stessa: intanto di do tre giorni, se poi non ti passa torni e ti faccio un altro certificato. Capirete che finché gliela faccio evito di mettermi assente per malattia, mi stanco meno e mi curo meglio se vado al lavoro.
Ma ieri proprio non ce l'ho fatta. Il raffreddore che stavo cercando bellamente di ignorare e che tra discese ardite e risalite mi sta tormentando da quasi tre settimane ha approfittato di un mio attimo di distrazione e mi ha dato il colpo di grazia. Adesso viaggio al ritmo di 40 starnuti al minuto con un rotolo di carta cucina in tasca al posto dei kleenex e il naso color borgogna. Visto che nel mio ufficio non c'è nemmeno il termosifone (non scherzo, sopravvivo con una stufetta elettrica sotto la scrivania) e dagli spifferi della porta passano i pitoni e considerata la felice casualità che fa sì che mio marito riesca ad andare a prendere Emmepiccola a scuola per tre giorni di fila ho deciso di curarmi a modino.
Quindi chiamo la solerte segretaria del mio medico per avere il ceritificato. Lo sa che la dottoressa la vorrà visitare, vero? Lo so, lo so... Guardi, la avverto che venga prima solo per lei, si presenti alle 15.40 in studio. Presentarsi alle 15.40 in studio significa uscire di casa alle 14.40, farsi una bella camminata per andare a prendere il bus e 45 minuti buoni di tragitto cittadino perché pensare di addentrarsi in quel caotico quartiere in macchina significa poi dover farsi prescrivere un controllo psichiatrico.
Qaundo arrivo la sala d'attesa è gremita dagli stessi vecchietti che ci sono ogni volta, che a volte credo che vivano in studio e si cucinino i pasti dietro quella misteriosa porta con il segnale di divieto d'accesso che da anni mi chiedo cosa celi.
Faccio per avvicinarmi al bancone della segretaria ma prima che abbia fatto in tempo a dire buongiorno un vecchietto dalle retrovie piomba minaccioso davanti a me tuonando "Sono arrivato prima io! Nessuno mi ha detto che dovevo prendere il numero!!!!" la segretaria lo tranquillizza, nessun numero, la dottoressa ha una lista di appuntamenti e chiama per nome. "Eh, perché io sono qui da un bel po'!" Sì, penso io, probabilmente da quando ancora c'era Prodi alla presidenza del Consiglio.
Comunque mi siedo, comincio a leggere il libro che mi sono portata dietro (Una ragazza per la notte - Corrado Augias, un bel giallo che vi consiglio) e tengo il tempo con i miei soliti 40 starnuti al minuto. Premetto che ogni volta che starnutisco mi volto verso il muro e mi copro la bocca con la mano. Sono una personcina beneducata, io. Alla terza raffica le due vecchiette sedute davanti a me cominciano a dare segni di impazienza. Confabulano tra loro che una viene dal medico che sta bene e corre il rischio di uscire con tutte le magagne del mondo, mi guardano in cagnesco e mi aspetto che da un momento all'altro comincino a inveire "Dagli all'untore!". Mi astengo dal domandare loro perché, se stanno bene, siano nella sala di attesa di uno studio medico solo perché la quarta raffica me lo impedisce. Il medico apre la porta dello studio e si alzano contemporaneamente in quattro, viene chiamato il nome di un vecchietto vispo e baldanzoso che guadagna l'ingresso con espressione di trionfo mentre gli altri tre si siedono scornati borbottando congetture sul fatto che fossero arrivati prima loro. La stessa scena si ripete invariabilmente ogni volta che il medico chiama il paziente successivo, sembra di essere alla finale di Miss Italia: "Signora Pautasso, avanti è il suo turno!" "Ecco, lo dicevo che quella è una raccomandata, chissà con chi è andata a letto per passare per prima!".
Sono in attesa da oltre un'ora quando, all'enesima apertura di porta e al conseguente scatto in piedi questa volta di due vecchiette e un ottuagenario con una valigia piena di cartelle cliniche, il medico mormora un nome che li lascia sconcertati perché non appartiene a nessuno di loro. La dottoressa si volta nella mia direzione e mi apostrofa, Ale, sei sorda? Ho chiamato te! Mi alzo mentre la voce della stessa vecchietta che temeva le attaccassi la peste polmonare strepita che insomma, lei è qui dalle due e mezza! La dottoressa, placida, le chiede il perché, visto che l'appuntamento lo aveva per le quattro
Comunque dopo la consueta visita completa e la concessione di tre giorni di mutua - se poi stai ancora male torna che te ne do altri - faccio per uscire e trovo il vecchietto ottuagenario che sta usando il montascale per scendere occupando tutto il passaggio e procedendo alla velocità di due metri l'ora. Attendo con pazienza che abbia compiuto tutto il tragitto e lo vedo, una volta raggiunto il pianterreno, balzare in piedi con scatto da felino e uscire per infilarsi direttamente nel bar di fronte.
Dove, probabilmente, sta ancora litigando al bancone per stabilire chi è arrivato per primo.

domenica 9 febbraio 2014

Un tranquillo sabato notte di paura

Interno sera.
Io faccio per andare a dormire ma trovo il letto occupato da tre uomini e una gatta. Solo posti in piedi, per intendersi. Ma stringendosi un po', bontà loro, riescono a far entrare anche me. Sono tutti occupati a guardare la puntata di Body of proof, e non venite a dirmi che non è un telefilm da bambini. Paragonati a certi videogames che si scambiano con i loro amici è roba da educande.
Comunque io ho sonno, un sonno cane, leggo qualche pagina e mi faccio posto a forza di colpi di fianchi per trovare la mia allocazione e dormire. Nel farlo mi stiro il muscolo della chiappa destra e tiro giù qualche santo dai piani alti ma finalmente assumo la posizione fetale e, sospirando di sollievo, mi accingo a dormire il sonno dei giusti. Per dormire il sonno dei giusti mi devo infilare i tappi di gomma nelle orecchie, Emmemaxi russa e il suo russare è come la benedizione del prete, passa sette porte chiuse.
Sto per appisolarmi quando un forte rumore dal piano di sopra mi fa sobbalzare, nonostante i tappi nelle orecchie. Emmepiccola non fa una plissé, Emmegrande comincia a urlare che ci sono i ladri e gli assassini ed Emmegrande, senza punto smuoversi, commenta faceto "Sarà rubatato il vecchio del piano di sopra!". Rimaniamo in ascolto, si sente ancora un rumore come di sedia smossa e poi basta.
Mi rimetto in posizione fetale e faccio di nuovo per concedermi il meritato riposo. Credo di averci impiegato 4/5 secondi netti.
Dopo un lasso di tempo per me non quantificabile mi sveglia uno schiaffetto sulla guancia. Apro una fessuretta nel mio campo visivo e trovo la faccia preoccupata di mio marito che mi guarda dall'alto. "Amore, io vado a controllare perché sento ancora dei rumori che vengono da sopra, non vorrei che il vecchietto avesse bisogno veramente di aiuto!"
Io stavo dormendo il sonno dei giusti. Sostiene il marito che abbia mugugnato qualcosa e mi sia rigirata sull'altro fianco riaddormendandomi immediatamente.
Ma lui voleva essere sicuro che avessi recepito il messaggio, cosa che peraltro avevo fatto già al primo tentativo, e mi appioppa un altro paio di teneri ceffoni sulle gote risvegliandomi per l'ennesima volta. "Amore, vado dal vecchietto al piano di sopra...." L'HO CAPITO!!!! LASCIAMI DORMIRE CHE HO SONNO!!! Sottotitolo: vai a salvare vite umane e lascia che passi la mia dormendo per il resto del tempo.
E mi riaddormento impiegandoci, questa volta, 10/15 secondi.
Il prode consorte sale al piano di sopra, bussa e suona il campanello del povero vecchietto che non da segni di vita, telefona alla centrale operativa dei VV.UU. pregandoli di rintracciare tramite l'anagrafica comunale eventuali congiunti per avvertirli, nel frattempo sente il vecchietto da dentro che urla "aprite!!!!", allora richiede anche l'ambulanza e l'autoscala dei vigili del fuoco. Arrivano i nostri, non riescono ad aprire la porta con il vecchio trucco della carta di credito allora chiedono a Emmemaxi di entrare in casa nostra per far vedere all'autoscala qual'è il balcone dal quale entrare. Emmemaxi con due baldi pompieri entra in casa nostra, chiude la Fiona, che si è messa in testa di dirigere i lavori, in cucina e entra in salotto accendendo la luce per guidare quelli che stanno facendo manovra in cortile, aprono la finestra, guidano, si sbracciano, indicano e poi finalmente se ne tornano dal vecchietto.
Sono le 01.30.
Io continuo, imperterrita, a dormire il sonno del giusto.
Non così Emmegrande, che nel dormiveglia intravede un pompiere che passa nel corridoio. Il suo giovane e ansioso cervellino elabora immediatamente una serie di tragedie familiari, chiama papà per essere rassicurato ma papà non risponde perché è occupato a salvare il vecchietto, si alza e lo cerca per casa e non lo trova. E' panico assoluto.
Emmegrande mi piomba nel letto urlando COSA E' SUCCESSO A PAPAAAAAA' e tremando come la gatta quando ha gli attacchi epilettici, io mi sveglio per l'ennesima volta e mi rendo conto che effettivamente Emmemaxi non c'è. Allora lo chiamo al telefono e lui mi dice che stanno salvando il vecchietto del piano di sopra ma Emmegrande ha deciso che non si muove dal letto finché non vede tornare suo padre sano e salvo dal settimo piano. Con nemmeno tanto velate minacce lo costringo a tornare al suo posto.
E mi riaddormento.
Il vecchietto del settimo piano, 96 anni di ostinata caparbietà che rifiutano di trasferirsi dalla figlia o di dividere l'appartamento con qualsiasi badante, è scivolato sotto il tavolo della cucina e non riesce a rialzarsi anche se non ha niente di rotto. Viene rimesso in piedi ma è opportuno accompagnarlo all'ospedale per un controllo. Da il numero di telefono della figlia a Emmemaxi che se lo fa ripetere per sicurezza e poi lo comunica alla centrale operativa perchè l'avvertano. La centrale operativa si perplime, insomma il tizio ha una certa età e se ha dato il numero sbagliato corriamo il rischio di disturbare qualcuno che non c'entra niente... Il marito allora decide che ci pensa lui ad avvertire la figlia, cazzo il vecchietto ha quasi cent'anni ma è lucidissimo. Signora, sono il vicino di casa di suo padre, non si preoccupi che sta bene ma è successo questo e lo stanno accompagnando all'ospedale... Cazzo, ma cosa credono! Il vecchietto ha più testa di loro! E mentre pensa questo il tenero e lucido vecchietto gli comunica che ieri gli hanno dato il diploma di cavaliere del lavoro per 40 anni di onorato servizio in FIAT e che pure Gianni Agnelli gli ha stretto la mano. Oddio, forse proprio tanto lucido non lo è. "Signore, lo sa che lei somiglia tanto un tipo alto e grosso che abita al piano sotto al mio?" Gentile vecchietto le do una notizia: IO sono il tipo alto e grosso che abita sotto di lei! "Allora è colpa sua se son caduto, con tutti gli accidenti che mi tira perché tengo la televisione troppo alta!" 
Il prode eroe del sesto piano è tornato a letto che erano le due passate, mentre io e i suoi figli continuavamo a dormire come sassi, con un dubbio amletico da risolvere:
perché la televisione del tenero vecchietto 96enne era sintonizzata su MTV?