lunedì 25 novembre 2013

Che magari si son messe pure le scarpe rosse.

Settimana scorsa.
Emmegrande torna dal pomeriggio all'oratorio arrabbiato e sconvolto. Un compagno di classe ha cambiato il nome del gruppo sul quale chattavano di cretinate tramite Whatsapp in "la ragazzina S. è una puttana". E da lì a riempire la malcapitata dei peggiori epiteti il passo è stato meno che breve. Mio figlio ha mandato un solo messaggio, "siete una manica di stronzi" e si è cancellato dal gruppo, poi è venuto a casa e ci ha raccontato tutto. Nel frattempo il cyberbullo in erba aveva aperto altri due gruppi: "Emmegrande è l'avvocato delle merde" e "Emmegrande è un frocio di merda". Ma mio figlio dice che se ne frega, sono solo chiacchere e distintivo, puo' dire quello che vuole ma non gli darà soddisfzione.
Orgogliosi del suo comportamento ma preoccupati dalle ripercussioni che il tutto potesse avere sull ragazzina, undicenne, e anche su nostro figlio abbiamo valutato il da farsi. Non conosciamo i protagonisti del tutto, la bimba frequenta un'altra scuola media e non sappiamo chi siano i genitori del cyberbullo in erba. Decidiamo di parlare con il prof di lettere della classe, è un ragazzo giovane amato dai ragazzi per la sua disponibilità e la sua apertura mentale.
Lui ci riceve e ci garantisce che affronterà l'argomento in classe, magari senza fare casi specifici ma giusto per far sapere quali possono essere le conseguenze per la vittima e anche quelle, legali, per i molestatori. Oltretutto la classe di Emmegrande rientra in un progetto sperimentale seguito da un'equipe di psicologi ed educatori volto a capire e a superare le difficoltà che trovano i preadolescenti in un momento di transizione come questo, di passaggio di età e di scuola, nuovi compagni, nuovi ritmi, nuovi insegnanti, ne parlerà anche con loro e valuteranno come agire.
Parlavo dell'accaduto con tre donne, tre mamme. Una più vecchia di me, una coetanea, una più giovani. Figli di età diversa, due femmine e un maschio.
E' ovvio che non mi aspettavo applausi e standing ovation per il mio agire, ma sono rimasta un zinzino sconvolta.
Reazione 1 (la più vecchia): E perché sei andata a parlarne con il professore? Tanto è tempo perso, i genitori di quei ragazzi non capiscono niente, non li seguono, chissà che gente è, da dove vengono. Tuo marito sicuramente conosce qualcuno che avrebbe potuto oscurare il gruppo e morta lì. Come "ne avrebbero potuto aprire un altro"? Se non c'era coinvolto tuo figlio chettefrega. Tanto lo rifaranno comunque. E se adesso se la prendono con lui? Sì, vabbè, tu e tuo marito gli avete spiegato che con voi può parlare di tutto e voi cercate di aiutarlo, ma quando si è preso un pugno nella pancia potete parlare finché volete. Che c'entra l'omertà? L'omertà è quella che hanno i mafiosi, qui si tratta di viver tranquilli.
Reazione 2 (la più giovane, bella e conscia di esserlo, spesso indossa mini e tacchi alti e vistose scollature che peraltro può perfettamente permettersi): Ma non facevate meglio a informarvi meglio sulla ragazzina? Cioè, magari lo è veramente... Adesso a undici anni vanno su meetic a trovare gli uomini per farsi pagare le ricariche al cellulare. E chissà come si sarà comportata, se fa la svenevole ora con uno e ora con un altro ci credo poi che i compagni la chiamano puttana o peggio. No, non si dovrebbe comunque fare una cosa come hanno fatto, ma di queste ragazzine non c'è mica più da fidarsi. Certo che se adesso avete sollevato il polverone e poi quella è una troietta sul serio... Vabbè, ci sono anche quelle che si sono suicidate per il cyberbullismo, ma dovevano solo stare attente prima, se ti fai le foto o vai in giro vestita da troietta poi te le cerchi pure...
Solo la mia coetanea, madre di un figlio maschio un po' più piccolo del mio mi ha dato ragione.
E io rimango qui a pensare che possiamo fare anche il mese contro la violenza sulla donna, o l'anno, o il secolo, ma fino a quando ci scontreremo con queste donne qui mi sembra tutto così inutile, così vano, così retorico che l'unica cosa che mi rimane da fare è ringraziare il cielo che i miei figli capiscono l'insegnamento che viene loro dato in casa, che nessuna donna, in nessun caso merita alcuna forma di violenza.

E con il cyberbullo in erba come è andata a finire? Che si è lamentato con gli operatori del progetto pilota che nessuno in classe è suo amico. E mio figlio, MIO figlio, ha avuto l'immenso coraggio, per un undicenne, di alzarsi e dire che non può pretendere di avere amici se si reputa in diritto di offendere chiunque, che chi sta con lui lo fa per paura di essere offeso e non per amicizia, che se vuole avere amici deve cambiare atteggiamento. E lui, dopo la lezione, si è scusato e lo ha ringraziato.
Concedetemi un attimo di pavoneggiante orgoglio materno.

martedì 19 novembre 2013

Il gentile utente #3

- Buongiorno, è che io ho fatto la domanda per l'esenzione un mese fa e non ho ricevuto risposta...
- Buongiorno a lei, gentile utente. Se ha fatto la domanda un mese fa è ancora un po' presto.
- Ma io il bollo lo pago o no?
- No, per adesso non lo paghi, anche se dovesse avere una risposta negativa lo regolarizzerà poi senza sanzioni o interessi.
- Ma è sicuro che la domanda l'avete ricevuta?
- Aspetti che controllo... Sì, l'abbiamo ricevuta a metà ottobre, stia tranquillo.
- Io sarei più tranquillo se me la facesse spedire di nuovo.
- Ma, gentile utente, perché vuol spendere di nuovo i soldi della raccomandata? Le dico che l'abbiamo ricevuta!
- Sarei più tranquillo, e poi mica le faccio una raccomandata, la invio per fax.
- Come crede.
- La posso mandare alla sua attenzione?
- (ottima idea, così come arriva l'allego all'altra che ha già spedito e non ci sono pratiche doppie in giro) Faccia pure, io sono Vinattieri.
- Finanzieri?
- Vinattieri.
- Filatteri?
- No, Vinattieri come il vino.
- Vinocchieri?
- No, scriva: Verona, Imola, Napoli...
- Va bene, grazie.

Dopo una settimana la collega ebbe l'illuminazione divina e capì che la misteriosa Dott. Visari alla quale era indirizzato il fax che vagava da un ufficio all'altro ero io.

giovedì 14 novembre 2013

Dolcè metà

Il tram n. 4 passa intorno alle sette e trentasette. Quando salgo è già affollato, i ragazzi delle scuole superiori e i loro ingombranti zaini sono appesi ai sostegni e con l'altra mano spippolano incessantemente sui loro cellulari, quelli che hanno trovato un punto di appoggio approfittano del tragitto per un veloce ripasso della lezione, il libro o il quaderno incastrati tra gomito e ginocchio. I vecchietti sono la maggioranza, si dividono in due categorie:
  1. Vecchietto con cartella clinica, che spesso ha le dimensioni e l'ingombro di un raccoglitore da ufficio. Il vecchietto con cartella clinica scende alla fermata dell'Ospedale Mauriziano o, al limite, a quella successiva che corrisponde a un'agenzia INPS;
  2. Vecchietto con borsa della spesa. La borsa della spesa in questione è di quelle tipo trolley, e il vecchietto è il più pericoloso perché percorrerà quasi tutto il tragitto del tram per andare a fare la spesa al mercato di Porta Palazzo. Dicono che lì i prezzi siano più bassi, il fatto che i mercatari tendano a tirarti solenni fregature è un particolare del tutto trascurabile.
Capirete che con una clientela così ingombrante è santa manna se riesco a ritagliarmi un angolino tra un'ascella pezzata e un cappotto che odora di cucina cinese e incastrarmi fino alla mia fermata, se sono proprio fortunata e riesco ad appoggiarmi alla parete del tram estraggo un libro dalla borsa e leggo qualche pagina nell'attesa dell'annuncio "prossima fermata: Bertola - next stop: Bertola" che una signorina elettronica scandisce da altoparlanti nascosti. Poi sgomito fino all'uscita e finalmente rivedo la luce.
Sul tram 4 si fanno incontri interessanti: la signorina disabile che sale con me vuole assolutamente il posto a sedere, è vero che le spetta ma a volte fa alzare le vecchiette novantenni se le vede sedute nel sedile riservato.
Qualche settimana fa una tizia ha riconosciuto la nuova compagna di suo marito. L'ha ricoperta di insulti ed improperi mentre noi passeggeri facevamo stoicamente finta di non sentire. La poveretta cercava di calmarla, di farle capire che non era il caso, né il luogo né il momento, ma l'altra non si è sentita soddisfatta fino a che tutta la popolazione tramviaria non ha capito che era una gran puttana ruba mariti. Che con una moglie così c'è anche da capire perché il tipo se ne sia cercata un'altra.
Invece la coppia di stamani di anni insieme ne deve aver trascorsi tanti, almeno a giudicare dall'età. Lei piccola e tondetta, un cappotto trapuntato e un acconciatura tinta di nero corvino e impalcata da bigodini e lacca, una borsetta in mano e la borsa con le ruote nell'altra, lui grigio e un po' curvo, la giacca a vento stampata principe di Galles e una coppola di tweed marrone in testa. Lei si guarda intorno con fare compunto e orgoglioso, lui sta appeso con la testa bassa a uno dei sostegni. Alla fermata dell'ospedale scende la prima tornata geriatrica, alcuni posti si liberano. Due ragazzi girano appena lo sguardo verso i sedili vuoti ma lei tuona : "Guagliò, statte bbuono che noi siamo anziani!" e prende posto con la regalità della cara, vecchia Liz. Poi si volta verso il marito, che è rimasto appeso alla maniglia e non da segni di aver capito la situazione: "Gennà, assittate!" 
Ma Gennà non si muove.
"Assittate, t'ho detto!"
E Gennà rimane appeso.
A questo punto lei si alza, brandisce la borsetta e gliela tira in testa.
"Gennà! Ma sei scimunito o cosa? Assittate, t'ho detto".
E Gennà, mite e docile, si assitta.
Forse la coppola non la mette per ripararsi dal freddo, ma dalle intemperanze della dolce metà.
Ma si vede che il metodo funziona, visto che il matrimonio ha retto.

lunedì 11 novembre 2013

Le apparenze ingannano

Mi piace viziare mio suocero, soprattutto adesso che è reduce da un triplo by-pass coronarico affrontato alla stragrande, vivaddio.
Ieri ha accompagnato i nipoti alla partita di basket della squadra di Torino, io sono andata a prenderli all'uscita. Erano afoni, infreddoliti dal vento che si era alzato improvvisamente e i due marioli erano iperadrenalinici e supereccitati, quindi per farli contenti e consolarli dalla sconfitta li ho portati al ristorante Asian Fusion meglio definito, dagli Emmeindue, come "il ristorante con i piatti che camminano"
Sul tapis roulant passa di tutto, cucina cinese, sushi e lasagne al forno, noi ci sediamo al bancone e prendiamo quello che ci va.
Generalmente io ed Emmegrande ci strafoghiamo di sushi e sashimi, Emmepiccola e il Nonno di noodles e riso cantonese, Emmemaxi mangia tutto quello che passa. O quasi.
Ieri Emmemaxi lavorava, faceva il turno di notte, il Nonno ha percepito che la sorveglianza era meno stretta del solito e la pila di piattini vuoti davanti al suo posto ha raggiunto un'altezza davvero ragguardevole.
Mentre io ero alle prese con i litchies sciroppati e i bambini si stavano facendo servire il gelato al tè verde il Nonno ha arraffato l'ennesima porzione di peperoni alla piastra. Erano quasi le nove di sera, ma la prospettiva di passare la nottata arrampicandosi sui muri manco l'ha sfiorato.
Mi sono distratta un attimo per sistemare il tovagliolo al piccolo, quando ho rialzato gli occhi ho visto che il Nonno aveva spalmato uno spesso strato di salsa wasabi sui peperoni.
A me la salsa wasabi piace, in modica quantità e diluita con la salsa di soia, ci puccio il sushi o il sashimi e ci bevo sopra un bel po' di birra per spegnere l'incendio.
Lui aveva spalmato uno spessore di mezzo centimetro di wasabi sui peperoni.
Contemporaneamente
  • io ho urlato NOOOOOO!!!!
  • i bambini hanno cominciato a sghignazzare
  • il nonno si è ficcato in bocca una ragguardevole quantità di peperoni drogati.
Subito dopo si è messo a urlare come se lo scannassero intimando "VADE RETRO!!!!" al piatto incendiario, con gli altri clienti del ristorante che ridevano come a una delle migliori puntate di Zelig.
Per rifarsi la bocca si è fatto fuori altre due porzioni di riso cantonese.
Gli ho chiesto come gli fosse venuto in mente di usare tutta quella salsa, lo sventurato rispose che l'aveva scambiata per bagnetto verde.
Tipica salsa da asian fusion, direi.

martedì 5 novembre 2013

La marmellata della Sbullonata annoiata

Mi hanno tolto un neo dalla caviglia destra. In poche parole una cretinata, nei fatti due punti di sutura nel punto in cui si piega il piede e due settimane agli arresti domiciliari: niente scarpe, niente collant, niente guida e poche camminate per evitare che la ferita si infiammi e si trasformi in una tendinite.
E io mi annoio, che la vita della casalinga non fa per me.
Mi alzo comunque presto perché i bambini vanno a scuola, prima delle nove ho già sistemato casa - mai stata così pulita e ordinata, manco sembra più casa mia! - e per il resto della mattinata ciondolo tra cretinate televisive e lavoretti vari che avevo lasciato sospesi da anni.
Ma due settimane sono lunghe.
Poi Emmemaxi va a fare la spesa e compra una tonnellata di clementine, dimenticandosi che ne avevamo almeno un paio di chili dalla settimana scorsa.
Il frigo è invaso da palline arancioni che rischiano di fare una brutta fine, visto che sono praticamente l'unica che le mangia: al marito sono vietate perché iperglicemiche e i figlioli vanno il sollucchero per loro la prima settimana e poi devono essere inseguiti perché ne mangino almeno una.
Allora, visto che ho tempo e una forma di pane appena sfornata (pane buono, sciapo, fatto con le mie manine e la pasta acida, roba che Banderas deve andare a nascondersi con la sua cavolo di gallina e il suo pane di gommapiuma) decido di trasformarli in marmellata.
La marmellata Sbullonata
Prendete i clementini, toglietegli il residuo di picciolo verde e pesateli. Annotatevi il peso da qualche parte, altrimenti ve lo dimenticate. Lavateli bene e metteteli in una pentola capiente coperti d'acqua, fate bollire e, all'apparizione delle prime bolle abbassate la fiamma al minimo e lasciateli sul fuoco per 45 minuti. Scolateli bene e metteteli su un panno, dove li dimenticherete per due ore.
Trascorse le due ore divideteli in 4 ed eliminate i semini. Perché i clementini, checché ne dica il fruttivendolo che ve li ha venduti, hanno sempre qualche semino malefico e amarissimo.
Metteteli in un mixer o in un frullatore e riduceteli in poltiglia, non troppo fine che qualche pezzetto sotto i denti ci vuole.
Adesso prendete il bigliettino dove avete annotato il peso iniziale, ve lo avevo detto che vi sarebbe servito. Vi serve la sua metà in zucchero: se i clementini iniziali erano un chilo ve ne serve mezzo, se erano tre etti ve ne servono centocinquanta grammi. Ma fare la marmellata con tre etti di clementini non ha senso nemmeno se siete Barbie.
Mescolate bene e aggiungete un bicchiere d'acqua, rimettete sul fuoco bassissimo per un po' meno di un'ora. La marmellata è pronta quando ne versate un cucchiaino su un piattino e quella resta lì senza smuoversi nemmeno se ballate il chachacha con il piattino in mano.
Versate ancora bollente nei vasetti di vetro e chiudete bene il tappo, poi mettete i vasetti a testa in giù finché non sono freddi. Quando li girerete e premerete sul tappo quello farà clak e sigillerà il contenuto perché non si deteriori.
Quella che rimane attacata al fondo della pentola mica si butta, la si spalma sul cantuccio del pane buono (mica quello di gommapiuma) e la si mangia immediatamente.
Se non torno al lavoro ingrasso di venti chili.