mercoledì 30 gennaio 2013

La gatta

La gatta è arrivata in casa nostra esattamente il 27 dicembre. Paradossalmente il suo ingresso è stato caldamente sponsorizzato da Emmemaxi, che dopo la terrificante esperienza con il gatto psicopatico di sette anni fa non ne aveva più voluto sapere.
Il suo nome è Fiona, non come la saltatrice in lungo ma come la moglie di Shrek, l'unica testa coronata che io sopporti. Del resto le somiglio pure.
Tra me e lei è stato amore a prima vista, anche se non corrisposto al cento per cento, preferisce palesemente mio marito che da quando è diventato cotutore di un gatto è stato ribattezzato "maschio alfa".
Fiona viene dal gattile comunale, dove aveva trascorso quasi tutti i suoi sei mesi di vita in gabbia, prima per via di un'infezione fungina, poi di un virus gastrointestinale e poi perché è stata sterilizzata. Ha la coda piccola e storta a causa di un incidente nei primi giorni di vita e soffre di attacchi epilettici.
E l'ho scelta proprio per questo, perché quelli che nascono con i difetti di fabbricazione non li vuole nessuno. O forse perché dieci anni di sportello di invalidità civile mi hanno lasciato una certa empatia con la categoria.
Fiona è una delle gatte più involontariamente comiche che abbia mai visto. La prima volta che ha cercato di saltare giù dal letto dove l'avevamo fatta salire ha preso male le distanze e si è spalmata tipo Will-e-Coyote sull'anta dell'armadio procurando disperazione infinita in Emmegrande che era convinto che si fosse rotta la testa. Ci hanno spiegato che per colpa della coda rotta sarà difficile che raggiunga il livello di equilibrio e agilità degli altri felini della sua specie, ma lei non demorde e ogni tanto azzarda balzi dal divano finendo, nel buon 80% dei casi, spalmata sul pavimento a pelle di leone. E poi non riesce a saltare verso l'altro, quindi quando vuole essere presa in braccio si siede ai piedi dell'umano che ha preso di mira e comincia a guardarlo con gli occhi del povero gatto, quelli che scioglierebbero anche un iceberg.
Durante il giorno cerca di continuo la compagnia degli umani, durante il pranzo si accuccia sulla porta della cucina, segue passo passo gli spostamenti da una stanza all'altra, descrivendo agili slalom tra le gambe di chi cammina e rischiando di mandarlo a gambe all'aria  e spesso è in modalità "direttrice dei lavori": se io passo la scopa o lo straccio lei sta seduta sulla porta della stanza e mi scruta con occhio critico, se i bambini stanno facendo i compiti si piazza accanto a loro e controlla che non si alzino, verifica che la lavatrice giri con il ritmo giusto e adesso che sto scrivendo ogni tanto si affaccia per essere sicura che non mi distragga. Ma la sua attività preferita è la "Shadow-boxing". Quando vede la sua ombra riflessa sul pavimento o sul muro comincia a lottare con sé stessa prendendosi a zampate e cercando di fregarsi con balzi dal quali di solito atterra di pancia o di culo.
La sua utilità immediata è stata che finalmente Emmegrande sta superando la sua paura degli animali. Adesso la prende pure in braccio e la pettina, un po' timoroso ma ci riesce. Il prossimo passo sarà quello di convincerlo che se non lo sbrana un gatto domestico non lo farà nemmeno un volpino. Piano piano arriveremo anche agli alani.
Intanto mi fa compagnia in questi giorni di reclusione forzata, mi strappa diversi sorrisi e pure qualche risata e da quando c'è lei ci sono molti meno cubetti di lego e pupazzetti degli ovetti di cioccolato - maledetta Befana che me ne hai riempita la casa! - per terra, perché i bambini sono terrorizzati dall'eventualità che li ingoi.
Insomma, la famiglia cresce e finalmente con un'altra femmina. Ristabiliamo un minimo di proporzioni, vah!
Fiona durante un cruento match di shadow-boxing.

domenica 27 gennaio 2013

Spiegare la crudeltà ai bambini di sei anni

- Mamma, voglio leggere "Il diario di Anna Frank". Oggi a scuola ci hanno parlato di lei e dei campi di sterminio.
- Va bene Emmegrande, appena riesco ad andare in libreria te lo cerco, se non lo trovo lo cerchiamo su Amazon.
- Ma tu non ce l'hai?
- No, l'avevo preso in prestito dalla biblioteca della scuola.
- Mamma, chi è Anna Frank?
- Emmepiccola,  Anna Frank era una ragazzina che è vissuta durante il nazismo e ha passato tanto tempo nascosta con la sua famiglia in un appartamento segreto.
- E perché si doveva nascondere?
- Perché era ebrea, e i nazisti avevano deciso che tutti gli ebrei dovevano essere uccisi. Allora li facevano prigionieri in posti che si chiamavano campi di concentramento o di sterminio e se non erano in grado di lavorare li ammazzavano subito, altrimenti li costringevano a lavorare finché non morivano di fame, freddo o fatica oppure li usavano per fare esperimenti scientifici.
- Ma perché erano così cattivi?
PERCHE' ERANO COSI' CATTIVI?
Cosa si risponde a un bambino di sei anni che ti fa questa domanda, così complessa nella sua enorme semplicità?
Perché erano così cattivi?
Perché hanno ascoltato i deliri di un pazzo?
Perché erano pazzi anche loro?
Perché comunque esisterà per sempre una percentuale di razza umana che si crederà superiore ai loro simili?
Oppure, semplicemente, che a volte gli uomini lo sono e basta. Spesso contro coloro che vedono "diversi"
Che poi il diverso si chiami ebreo, mussulmano, zingaro, disabile, omosessuale, transessuale, o semplicemente la pensi diversamente il diverso va emarginato, possibilmente eliminato, nel loro delirio di creare una società perfetta di individui perfettamente omologati tra di loro.
- Mamma, a me questa storia fa paura.
- E' giusto che tu abbia paura, ma non paura del passato, che quello che è successo non si può cambiare. Ma la tua paura deve diventare utile per cambiare il futuro, per fare in modo che le cose che ti ho raccontato non accadano più. E la tua paura deve diventare memoria.
Perché di chi ha vissuto queste cose ne sono rimasti sempre meno, si stanno spegnendo uno alla volta, e con loro rischia di spegnersi il ricordo di quello che è successo.
E io lo racconto a voi perché me lo ha raccontato chi ci è passato, e voi lo racconterete ai vostri figli che lo racconteranno ai loro e poi ancora avanti per le generazioni future.
Conservate i libri, le immagini, i ricordi.
Perché nessuno mai vada a raccontare che sono invenzioni, che sono cose mai successe.
Perché la memoria non è un'ipotesi.

venerdì 25 gennaio 2013

Bambolina barracuda

Ci sono cose di cui ho sempre avuto un forte pudore.
Di certe cose che sono successe nel passato, per esempio.
Sono cose che hanno condizionato fortemente quella che sono adesso, troppo spesso in modo distruttivo.
Ci sono momenti in cui devi chiedere aiuto, e non alle persone che ti conoscono, che ti vogliono bene e che ti accettano a prescindere.
Insomma, per farla breve ho deciso di sottopormi a una serie di sedute di psicoterapia. Troppi nodi da sciogliere che si sono ingarbugliati in maniera da renderli apparentemente impossibili da sciogliere, ma so che il modo c'è. Al limite un bel colpo di spada, Gordio insegna.
Intanto cerchiamone il capo, poi vedremo come fare.
La psicologa me l'ha consigliata un'amica, la conosce per vie professionali e so di potermi fidare delle sue indicazioni.
E la prima cosa che mi ha detto, in maniera molto dolce, molto comprensiva ma altrettanto decisa è che devo crescere. Non invecchiare, ma crescere.
Che lo ha capito subito che dentro di me impera ancora la bambina complessata, non omologata, costretta dalle circostanze ad essere "brava" anche se dentro di sé covava un'aggressività repressa.
Contro tutto quello che non le sembrava giusto, contro tutti quelli che la facevano sentire diversa, inferiore, brutta, inadeguata, impopolare. Emarginata.
Contro tutte le circostanze che la portavano a cercare continue conferme che, se e quando arrivavano, non la facevano sentire meglio ma la convincevano che non aveva fatto ancora abbastanza.
Il mio nuovo nick deriva da questo.
Bambarrà è la contrazione di Bambolina barracuda.
Che fuori continuo a fare la brava, e credo nella maggior parte dei casi di esserlo. Ho amici che adoro, una famiglia per la quale darei la vita. Ho una sorella che non è nata dai miei stessi genitori ma con la quale sono legata a doppio filo come fossimo gemelle. Ho la capacità di dare incondizionatamente sostegno, aiuto materiale e morale, ho anche una certa intelligenza a guardar bene e un notevole senso dell'umorismo.
Ma ogni tanto esce fuori il barracuda, quello che morde e azzanna e ha fame e sete di rivalsa, quello che emerge quando la bambina costretta ad essere brava si stanca.
E non so come chiudere questo barracuda in un acquario, osservarlo come parte di me ma sapere che da li dentro non può nuocere.
Che farlo fuori del tutto mi dispiacerebbe.
Anche perché se mi trovassi chiusa veramente in una camera con Ligabue forse tirerei anche io fuori una pistola per non farlo uscire.
Ghghghgh...

mercoledì 23 gennaio 2013

Post che non c'entra niente con la gatta

Emmegrande il prossimo anno andrà alle medie. E' un dato di fatto, a meno che non perserveri nei pessimi propositi dell'inizio dell'anno scolastico quando aveva deciso di farsi bocciare di proposito perché era terrorizzato dal cambiamento.
Comunque adesso, grazie allo splendido progetto di continuità messo in atto dall'Istituto Comprensivo che frequenta sembra se non entusiasta almeno rassegnato al fatto di dover crescere. Ha cominciato a conoscere i professori e gli ambienti, ha ritrovato alcuni amici poco più grandi di lui che avevano organizzato un piccolo comitato d'accoglienza per le future matricole e ha deciso di scegliere il tedesco come seconda lingua.
E' giunto il momento di fare la domanda d'iscrizione.
Ringraziando mentalmente il Ministero che ha predisposto l'apposita funzione on line mi appresto alla bisogna.
Ieri, per ventisette volte, sono arrivata al termine della compilazione del modulo per poi cliccare sul "salva" e trovarmi sullo schermo una specie di "ritenta sarai più fortunata".
Al ventottesimo tentativo la scritta è diventata roba tipo "Cavolo vuoi che hai già fatto una domanda per questo nominativo?".
Ringrazio l'amica virtuale che mi ha rassicurato tramite facebook che è tutto normale e mi ha suggerito di riprovare oggi con il recupero domanda prima che decidessi di lanciare un missile terra-terra verso la sede del Ministero.
Oggi, dopo solo due ulteriori tentativi, sono riuscita a iscrivere mio figlio in prima media.
Spero.
Adesso mi sa che vado a prendermi un'altra mezza dose di ansiolitico, che dopo questa esperienza mi ci vuole.

domenica 20 gennaio 2013

Punti di ripartenza

Gli amici che sono venuti per te.
Che ti fanno sorridere, che ti rassicurano, che ti fanno rendere conto che tutto passerà e che tu ce la potrai fare davvero.
Che ti ascoltano e che ti raccontano.
Che ti insegnanto il potere terapeutico di un paio di stivali di pelle marrone.
E che sono pure disposti a cederti l'ultimo paio numero trentotto, che poi per fortuna le paia erano due.
Che se non ci sono fisicamente si fanno vivi con sms pur rischiando la vita perché usano la k al posto del ch ma sono cose che si possono perdonare.
Che ti abbracciano fisicamente e virtualmente.
E ai quali non puoi dire che grazie e fare una promessa.
Che la prossima volta indosserò tutte le perle che ho.
E che scriverò davvero della gatta.

martedì 15 gennaio 2013

Recuperare quello che mi manca

Perché lo so che c'è ancora tutto, devo solo scoprire dove si è nascosto.
Manca all'appello l'energia, quella fisica oltre che quella morale. Il che è una buona scusa per dormire ma nonostante il mio aspetto non sono un plantigrado letargico, quindi una delle priorità è smetterla di ronfare appena tocco una superficie orizzontale.
Manca la mia ossessione per la casa in ordine. Oddio, non credo che questo sia poi così negativo, tanto la casa in ordine non l'avevo nemmeno prima ma adesso me ne frega molto meno.
Manca - gravissimo! - la voglia di comprarmi scarpe. Mi ero ripromessa di regalarmi un nuovo paio di stivali marroni, ma solo l'idea di andare in giro per vetrine mi atterrisce.
Manca la sensazione di essere al sicuro in un posto che non sia casa mia. Al mattino presto accompagno i bambini a scuola e poi torno a casa di volata, affronto gli scalini di corsa e ricomincio a respirare appena sento la porta che si chiude dietro le mie spalle.
Mi manca ridere.
Da troppo non mi faccio una risata di cuore, di quelle che mi lasciano piegata in due con il mal di pancia e le lacrime agli occhi.
Però ho ricominciato a sorridere, quello sì.
E aspetto che il mio cuore annodato si sciolga e si lasci andare, aspetto di alzarmi perché lo voglio e non perché lo devo fare. Aspetto una risata.
Che una serata la seppellirà, quella bestia.
E prima o poi racconterò della gatta.

mercoledì 9 gennaio 2013

La casa dei tre porcellini

Adesso so come ti chiami, e ti posso combattere. Hai un nome che è "depressione reattiva", già solo a scriverlo faccio una fatica immane.
In sostanza è che io mi credevo il porcellino furbo, quello che aveva costruito la casa di mattoni e si sentiva al sicuro, in realtà erano mattoncini di paglia e adesso è andato tutto giù.
Ma io non ho intenzione di dartela vinta, e ti fotto.
Prima o poi ti fotto.
Perché io non sono questa.
Io non sono quella che fa fatica ad alzarsi dal letto alla poltrona, quella che per stirare una lavatrice di panni asciutti si deve sedere tre volte per riprendere fiato, quella che litiga con sé stessa per cucinare i biscotti per la merenda dei bambini.
Io ti frego.
Ma non da sola, questa volta.
Troppe volte ho detto che ne sarei uscita da sola, che celafacciocelafacciocelafaccio.
Ce la faccio, ma mi devo concedere il lusso di darmi il tempo, di chiedere aiuto.
E devo mettere da parte la vergogna, che quella non mi porta da nessuna parte.
Essere umani non è una vergogna.
Ho ripreso a scrivere, anche se non mi sembrano parole mie, ma prima o poi usciranno fuori tutte quelle che ho aggrovigliate dentro come un gomitolo mal fatto, parole di rabbia, di paura, ma sotto ci sono anche quelle di speranza. Che forse la speranza è la consolazione degli sfigati, ma adesso ne ho bisogno.

martedì 8 gennaio 2013

Caro te,
che non so chi sei veramente, ma ti dirò che non mi importa nemmeno.
Io non sono una roccia, sono una persona emotivamente fragile, con nodi dal passato che non riesco ancora a sciogliere.
Una volta un amico appassionato di grafologia mi ha detto che la mia grafia inclinata significa che ho delle questioni irrisolte con il passato, aveva ragione, ha ragione, ma questo non c'entra.
Ti è piaciuto tirarmi una bastonata tra denti e stinchi, ben mi sta. La colpa principale è mia.
Ho rimandato in conti con me stessa per troppo tempo.
E adesso sono qui che raccatto i cocci di quella che credevo di essere ancora una volta, l'ennesima. Forse non l'ultima.
Ed è dura, sai? Così dura che a volte il vano della finestra mi sembra essere un amico, l'unico, l'ultimo.
Ma cercherò di non fare pazzie.
Ho letto "fai dei bei sogni" e non voglio che i miei figli passino quello. E poi mi fa anche un po' schifo l'idea, a dire il vero.
Il rottame che sono diventata non somiglia affatto all'idea che avevo di me stessa, ma cercherò di uscirne fuori, perché lo voglio. Cercherò per l'ennesima volta di imparare dai miei errori e dalle mie sconfitte. Cercherò di ricominciare da quello che ho di più caro e che mi merita in condizioni migliori.
Questo per dire che indubbiamente hai vinto una battaglia.
Ma la guerra, quella no, non la vincerai.
Anche perché la sto combattendo con me, non con te.