venerdì 22 marzo 2013

Sulla differenza tra il sapersi e il doversi arrangiare

Premetto.
Sono perfettamente d'accordo sulla teoria che bisogna sapersi arrangiare a fare un sacco di cose. Infatti so cambiare le lampadine, piantare i chiodi nel muro e smontare il tubo del lavandino se otturato. So riparare i cavi elettrici, cambiare la ruota alla macchina e cucinare la peperonata con una mano sola, anche la sinistra se necessario.
Sto cercando di educare i miei figli a fare altrettanto: vuoi le polacchine con i lacci? Allora impari a legarle da solo perché la mamma si rifiuta di chinarsi a legarle ogni volta che ti pesti la stringa. E se sei a scuola non puoi tediare la maestra o chi per lei se ti si disfa il fiocco. Emmepiccola ci ha messo un paio di giorni di allenamento e poi ha imparato ad allacciarsi le scarpe da solo. E i miei figli sanno apparecchiare una tavola, tirarsi su in qualche modo il letto, nutrire la gatta e cambiarle l'acqua e pure pulire la sua lettiera.
E' il DOVERSI arrangiare per forza che mi da fastidio.
E' che noi italiani ci facciamo vanto di essere un popolo che è sempre in grado di arrangiarsi, ma il problema è che lo si fa perché si deve, non perché ci si riesca. Arrangiarsi è diventato un dovere istituzionale molto più sentito di quelli dei nostri rappresentanti politici.
E ci arrangiamo perché non ci va di provare a fare le cose sul serio.
Tutto questa premessa per dire che poco prima delle feste di Natale, nell'ambito del progetto di continuità tra le elementari e le medie dell'I.C. che frequentano i Dueemme, noi genitori delle future matricole abbiamo avuto un incontro con la direttrice didattica e i prof del secondo ciclo.. Incontro peraltro costruttivo ed esauriente, i professori mi sono sembrati capaci e motivati, le attività parascolastiche interessanti e ben strutturate. La direttrice didattica spiega che con la domanda on line si può chiedere il tempo breve o il tempo prolungato, due rientri settimanali di tre ore per i quali sarebbe prevista anche la mensa interna. Credeteci, quelle due giornate di tempo pieno ci avrebbero risolto un sacco di problemi. Decido che farò la domanda perché Emmegrande frequenti il tempo prolungato. All'uscita ne parlo con quattro/cinque mamme che lavorano a tempo pieno e che conosco da anni. I loro commenti sono stati, in ordine sparso:
  1. Ah, tanto non lo concederanno mai! Io non ci provo nemmeno a chiederlo!
  2. Mah, è tutto tempo perso, piuttosto mi arrangio con i nonni.
  3. E' inutile provarci, figurati se organizzano davvero il tempo prolungato! Tanto conosco il barista qui di fronte e mi arrangio con lui, gli lascio il buono pasto e il bimbo pranzerà da lui mentre mi aspetta.
  4. Macché! La sezione a tempo prolungato non la faranno mai, io non ci provo nemmeno a far domanda. Mi arrangio con la mamma di tizio che me lo tiene finché non torno.
Inutile dire che era nostro diritto chiederlo, che se tutte avessimo fatto quel tipo di ragionamento non sarebbe mai cambiato niente, che già ci arrangiamo abbastanza, se ne sono andate scrollando il capo e prendendomi per visionaria.
Ieri mi chiama la segreteria dell'Istituto.
La sezione a tempo prolungato non ci sarà. E lo sapete perché? Perché il numero minimo di richieste per poter inoltrare istanza al ministero era di 18 famiglie. L'abbiamo richiesta in sedici.
Se soltando due delle mamme con cui ho parlato avessero deciso che era finita l'ora di arrangiarsi almeno avremmo potuto richiederla e magari l'avrebbero pure concessa.
E, intanto, il prossimo anni mio figlio dovrà arrangiarsi a tornare alle 14.00 in una casa vuota, a scaldarsi il pranzo nel microonde e tante altre cose che sicuramente gli saranno utili in età più adulta, ma che avrei voluto non dovesse imparare per forza e di corsa.

5 commenti:

  1. Mi chiedo se sia svilimento o solo pigrizia. Cioè qui non stiamo mica parlando di partecipare a scontri di piazza ma di unirsi ad una semplice e stupida richiesta che, male che va, potrà essere respinta. Tante volte ci vorrebbe davvero poco per stare meglio eppure...

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  2. Mi vedrebbe da dire "brave sceme!"

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  3. Capita di continuo, quante volte mi è capitato di fare richieste o di esporre lamentele e sentirmi dire che "ero l'unica" ... certo l'unica a farlo ma non a pensarlo! Accontentarci è un verbo che noi italiani usiamo per nascondere la paura del rifiuto, ti sembra?

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  4. Incredibile.
    Capisco la tua preoccupazione.
    Per una mamma che lavora il tempo prolungato è necessario e indispensabile!

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  5. Sono pienamente d'accordo con te: Tutti pronti?...ti giri e sei sola :-(
    Emy

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