mercoledì 18 settembre 2013

La tortina di nonnina Paperina

Se fossi stata Eva la sorte del mondo sarebbe stata decisamente diversa. Odio le mele. Le trovo un frutto stupido, non mi faccio tentare né dal profumo di rosa delle Annurka né dall'acida croccantezza delle Granny Smith. Aborro la stucchevole dolcezza delle Golden e la farinosa consistenza delle Royal Gala. Le uniche che tollero, in caso di fame nera, sono quelle selvatiche, piccole piccole, che finiscono in tre morsi. In compenso le amo trasformate in altre cose che non siano palle ricoperte di buccia: in succo, tassativamente non zuccherato, in mousse, in torta. Ma non la torta classica, quella con le fettine disposte ordinatamente a raggera che spesso viene portata da chi invito a pranzo, ho portato una torta di mele, tanto piace a tutti. Ecco, non a me.
Adoro l'Apple Pie, è una delle poche cose buone che abbiano inventato gli americani insieme al burro di arachidi e al gelato Haagen Dazs.
Già da quando ero bambina e leggevo Topolino fantasticavo sui fumetti di Nonna Papera, che metteva quel dorato capolavoro esalante fumi i cui odori potevo solo immaginare a raffreddare sul davanzale, al riparo dagli assalti del goloso Ciccio, quando l'ho assaggiata ho scoperto il paradiso. Il gusto delle mele, mescolato a quello delle spezie, rallegra le papille e predispone alla pace nel mondo. Non capisco perché gli americani, che la mangiano praticamente ogni giorno, siano così guerrafondai.
Ho provato tante volte e con tante ricette a riprodurla, il risultato è sempre stato penoso. fin quando non ho brevettato la versione mini, ottima da cacciare nello zaino dei figlioli come merendina per la scuola.
Occorre un po' di pazienza, ma vale la pena di provare.
Per i puristi della frolla: saltate la prima parte che non fa per voi e continuate a fare la frolla con tutti i crismi, quella che segue è la ricetta per le mamme indaffarate che hanno poco tempo a disposizione.
Servono 250 g. di farina, 125 g. di zucchero, 125 g. di burro morbidissimo, un uovo intero e un rosso e un paio di cucchiaini di lievito vanigliato. Il bravo pasticcere impasterebbe tutto velocemente in punta di dita, io sbatto tutto nella planetaria e quando è diventata una massa informe con parecchie briciole ancora vaganti do un'ultima amalgamata a mano. Poi si avvolge nella pellicola e si mette in frigo, in basso, per almeno mezz'ora.
Puristi della forlla: potete ricominciare a leggere.
Nel frattempo si mettono in padella le mele tagliate a dadini. Per la quantità di frolla di cui sopra servono due Gala piccole o una Golden e mezza. Da evitare le Granny e le melone rosse di Biancaneve. Le prime sono troppo acide e le seconde si spappolano miseramente. Le dosi del ripieno sono assolutamente empiriche, aggiustatele a piacere vostro: un paio di cucchiai di zucchero di canna, una bella spolverata di cannella e di zenzero in polvere, una manciata di uvetta ammollata e, se vi piacciono, un bel po' di pinoli. Lasciate sul fuoco medio rimestando spesso, finché le mele sono tenere. Da gourmet sarebbe la fiammata di brandy, ma se vanno nello zaino dei pargoli e non volete trovarvi gli assistenti sociali sull'uscio di casa evitate e, se diventa troppo asciutto, allungate con un po' di acqua tiepida.
Togliete la frolla dal frigo e stendetela più sottile che riuscite, tagliatela a dischi con un bicchiere e foderate i pirottini da muffins (serve la teglia con gli stampini, ovviamente) e metteteci dentro una bella cucchiaiata di composto. Coprite con un dischetto di pasta più piccolo, se volete fare i fighi potete sigillare i bordi con i rebbi della forchetta ma non importa, perché la pasta cresce un pochino e si sigilla da sola. Vanno cotti in forno ventilato a 180° per 15/20 minuti. In un contenitore ermetico sopravvivono una decina di giorni ma, se vengono bene, di solito finiscono prima.
Effetti collaterali: danno dipendenza.

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