Dopo enne anni vado a prendere un aperitivo a Firenze, con la mia bambina elettiva.
Sì, ho una figlia virtuale di 34 anni, un'adozione via monitor che è cominciata quando ho postato un commento nel quale asserivo che avrei potuto essere sua madre, biologicamente è così, e come ogni mater italica che si rispetti ogni tanto la cazzio ma tendenzialmente le do sempre ragione.
Comunque parto dal NBS sotto la tregenda, sta venendo giù acqua a secchiate e la Nonna Sbullonata, secondo le sue ferrate usanze, cerca di dissuadermi.
In 'do tu vai sotto quest'acqua?
Un 'tu vedi come piove?
E se piove mi porto l'ombrello, l'ho fatta per dieci anni la pendolare per Firenze la potrò fare una volta in più.
Guido sotto la burrasca fino a Piazza Beccaria, posto per la macchina nemmeno a pensarci, è anche San Giovanni, Patrono della città, la gente è in giro per locali nell'attesa che alle 22.00 si sparino i "fochi".
Miracolosamente noto un pertugio all'angolo con Viale Mazzini e ci butto dentro il Doblò di muso. Suona il cellulare, è Emmemaxi che a Torino sta organizzando l'assistenza sanitaria per i festeggiamenti del medesimo patrono, tuttoocchei, qui piove, qui no fa caldo, c'è tanta gente, ciao a dopo.
Faccio per riporre il cellulare in borsa ma mi rimane la zip in mano. Enuncio un'ottantina di porco mondo e altre amenità del genere e mi rassegno a uscire con il portafoglio in mano, dopotutto è così grande e colmo - di cartaccia, non di pecunia - che posso fingere che sia una pochette. Però non posso lasciare la borsa in vista, mi torco per infilarla sotto il sedile ma non ci arrivo.
Scendo di macchina e il mio tacco dodici affonda in venti centimetri di acqua. Ora capisco perché un parcheggio così succulento fosse desolatamente vuoto.
Benedico i pinocchietti che indosso e maledico il resto del creato e infilo la borsa sotto il sedile, la copro con il seggiolino di Emmepiccola perché non sia visibile dall'esterno e mi auguro che nessun malintenzionato abbia assistito alla manovra, sempre con l'acqua alle caviglie e sotto la pioggia battente faccio per chiudere l'auto ma stranamente non ho le chiavi in mano. Un'occhiata di ispezione rivela che sono rimaste nel quadro. Incastro l'ombrello tra spalla e orecchio, il portafoglio sotto l'ascella, cerco di recuperare le chiavi senza affondare nella melma fino alle ginocchia e pluf! Il portafoglio fa un bel tuffo nella mega pozzanghera.
San Giovanni e i suoi amici mi guardano male mentre dico cosa penso di loro.
Recupero il portafoglio grondante, la sera a casa stenderò ad asciugare il suo contenuto sperando che la patente non si sia dissolta, raccatto un minimo di dignità ringraziando il cielo che non ci siano spettatori e mi avvio verso il bar dell'appuntamento.
Il semaforo per attraversare il viale è rosso, attendo fiduciosa il via libera sul bordo del marciapiede quando passa il bus 31 (San Marco - Via della Dogana - Grassina) che bello baldanzoso centra una pozzangera e inzuppa quel poco di asciutto che mi era rimasto addosso.
Fumando di rabbia attraverso il viale.
Un tizio in scooter sta aspettando la fine del diluvio sotto un balcone.
Mentre passo mi miagola "ciao carina!"
CARINA UNA SEGA! GUARDA CHE NON E' SERATA!!!
E con i tacchi che fanno acquaplaning sul marciapiede guadagno un tavolino, un prosecco, e un'ora di belle chiacchere.
Il mio rientro nella movida fiorentina me lo ricorderò per un po'.
Sì, ho una figlia virtuale di 34 anni, un'adozione via monitor che è cominciata quando ho postato un commento nel quale asserivo che avrei potuto essere sua madre, biologicamente è così, e come ogni mater italica che si rispetti ogni tanto la cazzio ma tendenzialmente le do sempre ragione.
Comunque parto dal NBS sotto la tregenda, sta venendo giù acqua a secchiate e la Nonna Sbullonata, secondo le sue ferrate usanze, cerca di dissuadermi.
In 'do tu vai sotto quest'acqua?
Un 'tu vedi come piove?
E se piove mi porto l'ombrello, l'ho fatta per dieci anni la pendolare per Firenze la potrò fare una volta in più.
Guido sotto la burrasca fino a Piazza Beccaria, posto per la macchina nemmeno a pensarci, è anche San Giovanni, Patrono della città, la gente è in giro per locali nell'attesa che alle 22.00 si sparino i "fochi".
Miracolosamente noto un pertugio all'angolo con Viale Mazzini e ci butto dentro il Doblò di muso. Suona il cellulare, è Emmemaxi che a Torino sta organizzando l'assistenza sanitaria per i festeggiamenti del medesimo patrono, tuttoocchei, qui piove, qui no fa caldo, c'è tanta gente, ciao a dopo.
Faccio per riporre il cellulare in borsa ma mi rimane la zip in mano. Enuncio un'ottantina di porco mondo e altre amenità del genere e mi rassegno a uscire con il portafoglio in mano, dopotutto è così grande e colmo - di cartaccia, non di pecunia - che posso fingere che sia una pochette. Però non posso lasciare la borsa in vista, mi torco per infilarla sotto il sedile ma non ci arrivo.
Scendo di macchina e il mio tacco dodici affonda in venti centimetri di acqua. Ora capisco perché un parcheggio così succulento fosse desolatamente vuoto.
Benedico i pinocchietti che indosso e maledico il resto del creato e infilo la borsa sotto il sedile, la copro con il seggiolino di Emmepiccola perché non sia visibile dall'esterno e mi auguro che nessun malintenzionato abbia assistito alla manovra, sempre con l'acqua alle caviglie e sotto la pioggia battente faccio per chiudere l'auto ma stranamente non ho le chiavi in mano. Un'occhiata di ispezione rivela che sono rimaste nel quadro. Incastro l'ombrello tra spalla e orecchio, il portafoglio sotto l'ascella, cerco di recuperare le chiavi senza affondare nella melma fino alle ginocchia e pluf! Il portafoglio fa un bel tuffo nella mega pozzanghera.
San Giovanni e i suoi amici mi guardano male mentre dico cosa penso di loro.
Recupero il portafoglio grondante, la sera a casa stenderò ad asciugare il suo contenuto sperando che la patente non si sia dissolta, raccatto un minimo di dignità ringraziando il cielo che non ci siano spettatori e mi avvio verso il bar dell'appuntamento.
Il semaforo per attraversare il viale è rosso, attendo fiduciosa il via libera sul bordo del marciapiede quando passa il bus 31 (San Marco - Via della Dogana - Grassina) che bello baldanzoso centra una pozzangera e inzuppa quel poco di asciutto che mi era rimasto addosso.
Fumando di rabbia attraverso il viale.
Un tizio in scooter sta aspettando la fine del diluvio sotto un balcone.
Mentre passo mi miagola "ciao carina!"
CARINA UNA SEGA! GUARDA CHE NON E' SERATA!!!
E con i tacchi che fanno acquaplaning sul marciapiede guadagno un tavolino, un prosecco, e un'ora di belle chiacchere.
Il mio rientro nella movida fiorentina me lo ricorderò per un po'.
"questa è classe, coglionazzi!" dovevi gridare arrivando al locale tutta bell'è inzuppata.
RispondiEliminaCapita più o meno così (un po' meno, in effetti :)) ogni volta che mi azzardo ad uscire per una serata al femminile ... mi sa che dovremmo farlo più spesso, magari da lassù si rassegnano e ci regalano un bel sole di benvenuto!
RispondiEliminaNon sai che gioia è stata "recuperarti", ieri, grazie a un tuo commento sul blog di Piper-Penny. Mi eri sparita tempo fa, da un momento all'altro ("il blog che cercate è steate rimosso..."); tornavo ogni tanto a provare a cercarti, ma niente... e mi mancava quell'appuntamento plurisettimanale con i tuoi post, i tuoi racconti, le tue riflessioni. Perché, pur non intervenendo, ti seguivo sempre e con piacere.
RispondiEliminaBen ritrovata, allora. Vorrà dire che mi farò una scorpacciata, leggendo tutti i tuoi post, da gennaio ad adesso. Graziella