Quando andavo alle elementari sono stata vittima di bullismo, solo che allora non si chiamava così, si diceva che erano ragazzate.
Ma io ho ancora delle immagini vivide di terrificanti ricreazioni, io con la testa tra le braccia rincantucciata in un banco e le altre che mi giravano intorno prendendomi in giro.
Loro si sentivano in diritto di farlo, io ero "diversa".
Loro erano belle, magre, popolari e agili,
io ero bruttina, goffa e con gli occhiali, non sapevo fare la ruota, avevo pure i genitori separati.
Allora mi giravano intorno e mi prendevano in giro, io le imploravo di smetterla ma loro me lo dicevano chiaro e tondo, finché non piangi non la smettiamo.
L'insegnante non stava in classe durante l'intervallo, prendeva il caffè con le colleghe in una saletta in cui a noi scolari era interdetto l'ingresso, quando rientrava io piangevo e le altre si erano di nuovo trasformate nelle alunne modello, belle, educate e con il loro fiocchetto rosa bello dritto sul grembiule bianco.
Inutile lamentarmi a casa, la risposta era sempre la stessa, sono ragazzate, lascia perdere.
Da queste ragazzate mi sono difesa diventando bulla dentro anche io, il mio animo da "merdaccia" deriva proprio da la. Solo che non essendoci nata non sono capace di esserlo fino in fondo e il più delle volte mi faccio male da sola, prima o poi imparerò a gestirlo, a questo punto più poi che prima.
Poi leggo sui giornali dell'ennesimo ragazzino che si suicida perché vittima di bulli, lo prendevano in giro perché "diverso", perché gay. Anche a lui qualcuno avrà detto che erano solo ragazzate?
E poi leggo ancora l'ultima notizia, un ragazzino disabile picchiato, dileggiato, filmato mentre si contorce a terra ferito più nell'anima che nel corpo, un'insegnante accorta che interviene anche se il tutto succede in cortile, durante l'intervallo. Una denuncia, concordata con il preside, ai Carabinieri, il caso finisce al Tribunale dei minori, gli aggressori, tutti tredicenni, costretti a seguire un percorso rieducativo.
Il padre di uno di questi si indigna, si arrabbia, contesta: è stata una ragazzata.
No, non sono ragazzini. Sono merdacce in itinere. E lui che li difende è la merdaccia più fetente.
Ma io ho ancora delle immagini vivide di terrificanti ricreazioni, io con la testa tra le braccia rincantucciata in un banco e le altre che mi giravano intorno prendendomi in giro.
Loro si sentivano in diritto di farlo, io ero "diversa".
Loro erano belle, magre, popolari e agili,
io ero bruttina, goffa e con gli occhiali, non sapevo fare la ruota, avevo pure i genitori separati.
Allora mi giravano intorno e mi prendevano in giro, io le imploravo di smetterla ma loro me lo dicevano chiaro e tondo, finché non piangi non la smettiamo.
L'insegnante non stava in classe durante l'intervallo, prendeva il caffè con le colleghe in una saletta in cui a noi scolari era interdetto l'ingresso, quando rientrava io piangevo e le altre si erano di nuovo trasformate nelle alunne modello, belle, educate e con il loro fiocchetto rosa bello dritto sul grembiule bianco.
Inutile lamentarmi a casa, la risposta era sempre la stessa, sono ragazzate, lascia perdere.
Da queste ragazzate mi sono difesa diventando bulla dentro anche io, il mio animo da "merdaccia" deriva proprio da la. Solo che non essendoci nata non sono capace di esserlo fino in fondo e il più delle volte mi faccio male da sola, prima o poi imparerò a gestirlo, a questo punto più poi che prima.
Poi leggo sui giornali dell'ennesimo ragazzino che si suicida perché vittima di bulli, lo prendevano in giro perché "diverso", perché gay. Anche a lui qualcuno avrà detto che erano solo ragazzate?
E poi leggo ancora l'ultima notizia, un ragazzino disabile picchiato, dileggiato, filmato mentre si contorce a terra ferito più nell'anima che nel corpo, un'insegnante accorta che interviene anche se il tutto succede in cortile, durante l'intervallo. Una denuncia, concordata con il preside, ai Carabinieri, il caso finisce al Tribunale dei minori, gli aggressori, tutti tredicenni, costretti a seguire un percorso rieducativo.
Il padre di uno di questi si indigna, si arrabbia, contesta: è stata una ragazzata.
No, non sono ragazzini. Sono merdacce in itinere. E lui che li difende è la merdaccia più fetente.