Settimana scorsa.
Emmegrande torna dal pomeriggio all'oratorio arrabbiato e sconvolto. Un compagno di classe ha cambiato il nome del gruppo sul quale chattavano di cretinate tramite Whatsapp in "la ragazzina S. è una puttana". E da lì a riempire la malcapitata dei peggiori epiteti il passo è stato meno che breve. Mio figlio ha mandato un solo messaggio, "siete una manica di stronzi" e si è cancellato dal gruppo, poi è venuto a casa e ci ha raccontato tutto. Nel frattempo il cyberbullo in erba aveva aperto altri due gruppi: "Emmegrande è l'avvocato delle merde" e "Emmegrande è un frocio di merda". Ma mio figlio dice che se ne frega, sono solo chiacchere e distintivo, puo' dire quello che vuole ma non gli darà soddisfzione.
Orgogliosi del suo comportamento ma preoccupati dalle ripercussioni che il tutto potesse avere sull ragazzina, undicenne, e anche su nostro figlio abbiamo valutato il da farsi. Non conosciamo i protagonisti del tutto, la bimba frequenta un'altra scuola media e non sappiamo chi siano i genitori del cyberbullo in erba. Decidiamo di parlare con il prof di lettere della classe, è un ragazzo giovane amato dai ragazzi per la sua disponibilità e la sua apertura mentale.
Lui ci riceve e ci garantisce che affronterà l'argomento in classe, magari senza fare casi specifici ma giusto per far sapere quali possono essere le conseguenze per la vittima e anche quelle, legali, per i molestatori. Oltretutto la classe di Emmegrande rientra in un progetto sperimentale seguito da un'equipe di psicologi ed educatori volto a capire e a superare le difficoltà che trovano i preadolescenti in un momento di transizione come questo, di passaggio di età e di scuola, nuovi compagni, nuovi ritmi, nuovi insegnanti, ne parlerà anche con loro e valuteranno come agire.
Parlavo dell'accaduto con tre donne, tre mamme. Una più vecchia di me, una coetanea, una più giovani. Figli di età diversa, due femmine e un maschio.
E' ovvio che non mi aspettavo applausi e standing ovation per il mio agire, ma sono rimasta un zinzino sconvolta.
Reazione 1 (la più vecchia): E perché sei andata a parlarne con il professore? Tanto è tempo perso, i genitori di quei ragazzi non capiscono niente, non li seguono, chissà che gente è, da dove vengono. Tuo marito sicuramente conosce qualcuno che avrebbe potuto oscurare il gruppo e morta lì. Come "ne avrebbero potuto aprire un altro"? Se non c'era coinvolto tuo figlio chettefrega. Tanto lo rifaranno comunque. E se adesso se la prendono con lui? Sì, vabbè, tu e tuo marito gli avete spiegato che con voi può parlare di tutto e voi cercate di aiutarlo, ma quando si è preso un pugno nella pancia potete parlare finché volete. Che c'entra l'omertà? L'omertà è quella che hanno i mafiosi, qui si tratta di viver tranquilli.
Reazione 2 (la più giovane, bella e conscia di esserlo, spesso indossa mini e tacchi alti e vistose scollature che peraltro può perfettamente permettersi): Ma non facevate meglio a informarvi meglio sulla ragazzina? Cioè, magari lo è veramente... Adesso a undici anni vanno su meetic a trovare gli uomini per farsi pagare le ricariche al cellulare. E chissà come si sarà comportata, se fa la svenevole ora con uno e ora con un altro ci credo poi che i compagni la chiamano puttana o peggio. No, non si dovrebbe comunque fare una cosa come hanno fatto, ma di queste ragazzine non c'è mica più da fidarsi. Certo che se adesso avete sollevato il polverone e poi quella è una troietta sul serio... Vabbè, ci sono anche quelle che si sono suicidate per il cyberbullismo, ma dovevano solo stare attente prima, se ti fai le foto o vai in giro vestita da troietta poi te le cerchi pure...
Solo la mia coetanea, madre di un figlio maschio un po' più piccolo del mio mi ha dato ragione.
E io rimango qui a pensare che possiamo fare anche il mese contro la violenza sulla donna, o l'anno, o il secolo, ma fino a quando ci scontreremo con queste donne qui mi sembra tutto così inutile, così vano, così retorico che l'unica cosa che mi rimane da fare è ringraziare il cielo che i miei figli capiscono l'insegnamento che viene loro dato in casa, che nessuna donna, in nessun caso merita alcuna forma di violenza.
E con il cyberbullo in erba come è andata a finire? Che si è lamentato con gli operatori del progetto pilota che nessuno in classe è suo amico. E mio figlio, MIO figlio, ha avuto l'immenso coraggio, per un undicenne, di alzarsi e dire che non può pretendere di avere amici se si reputa in diritto di offendere chiunque, che chi sta con lui lo fa per paura di essere offeso e non per amicizia, che se vuole avere amici deve cambiare atteggiamento. E lui, dopo la lezione, si è scusato e lo ha ringraziato.
Concedetemi un attimo di pavoneggiante orgoglio materno.
Emmegrande torna dal pomeriggio all'oratorio arrabbiato e sconvolto. Un compagno di classe ha cambiato il nome del gruppo sul quale chattavano di cretinate tramite Whatsapp in "la ragazzina S. è una puttana". E da lì a riempire la malcapitata dei peggiori epiteti il passo è stato meno che breve. Mio figlio ha mandato un solo messaggio, "siete una manica di stronzi" e si è cancellato dal gruppo, poi è venuto a casa e ci ha raccontato tutto. Nel frattempo il cyberbullo in erba aveva aperto altri due gruppi: "Emmegrande è l'avvocato delle merde" e "Emmegrande è un frocio di merda". Ma mio figlio dice che se ne frega, sono solo chiacchere e distintivo, puo' dire quello che vuole ma non gli darà soddisfzione.
Orgogliosi del suo comportamento ma preoccupati dalle ripercussioni che il tutto potesse avere sull ragazzina, undicenne, e anche su nostro figlio abbiamo valutato il da farsi. Non conosciamo i protagonisti del tutto, la bimba frequenta un'altra scuola media e non sappiamo chi siano i genitori del cyberbullo in erba. Decidiamo di parlare con il prof di lettere della classe, è un ragazzo giovane amato dai ragazzi per la sua disponibilità e la sua apertura mentale.
Lui ci riceve e ci garantisce che affronterà l'argomento in classe, magari senza fare casi specifici ma giusto per far sapere quali possono essere le conseguenze per la vittima e anche quelle, legali, per i molestatori. Oltretutto la classe di Emmegrande rientra in un progetto sperimentale seguito da un'equipe di psicologi ed educatori volto a capire e a superare le difficoltà che trovano i preadolescenti in un momento di transizione come questo, di passaggio di età e di scuola, nuovi compagni, nuovi ritmi, nuovi insegnanti, ne parlerà anche con loro e valuteranno come agire.
Parlavo dell'accaduto con tre donne, tre mamme. Una più vecchia di me, una coetanea, una più giovani. Figli di età diversa, due femmine e un maschio.
E' ovvio che non mi aspettavo applausi e standing ovation per il mio agire, ma sono rimasta un zinzino sconvolta.
Reazione 1 (la più vecchia): E perché sei andata a parlarne con il professore? Tanto è tempo perso, i genitori di quei ragazzi non capiscono niente, non li seguono, chissà che gente è, da dove vengono. Tuo marito sicuramente conosce qualcuno che avrebbe potuto oscurare il gruppo e morta lì. Come "ne avrebbero potuto aprire un altro"? Se non c'era coinvolto tuo figlio chettefrega. Tanto lo rifaranno comunque. E se adesso se la prendono con lui? Sì, vabbè, tu e tuo marito gli avete spiegato che con voi può parlare di tutto e voi cercate di aiutarlo, ma quando si è preso un pugno nella pancia potete parlare finché volete. Che c'entra l'omertà? L'omertà è quella che hanno i mafiosi, qui si tratta di viver tranquilli.
Reazione 2 (la più giovane, bella e conscia di esserlo, spesso indossa mini e tacchi alti e vistose scollature che peraltro può perfettamente permettersi): Ma non facevate meglio a informarvi meglio sulla ragazzina? Cioè, magari lo è veramente... Adesso a undici anni vanno su meetic a trovare gli uomini per farsi pagare le ricariche al cellulare. E chissà come si sarà comportata, se fa la svenevole ora con uno e ora con un altro ci credo poi che i compagni la chiamano puttana o peggio. No, non si dovrebbe comunque fare una cosa come hanno fatto, ma di queste ragazzine non c'è mica più da fidarsi. Certo che se adesso avete sollevato il polverone e poi quella è una troietta sul serio... Vabbè, ci sono anche quelle che si sono suicidate per il cyberbullismo, ma dovevano solo stare attente prima, se ti fai le foto o vai in giro vestita da troietta poi te le cerchi pure...
Solo la mia coetanea, madre di un figlio maschio un po' più piccolo del mio mi ha dato ragione.
E io rimango qui a pensare che possiamo fare anche il mese contro la violenza sulla donna, o l'anno, o il secolo, ma fino a quando ci scontreremo con queste donne qui mi sembra tutto così inutile, così vano, così retorico che l'unica cosa che mi rimane da fare è ringraziare il cielo che i miei figli capiscono l'insegnamento che viene loro dato in casa, che nessuna donna, in nessun caso merita alcuna forma di violenza.
E con il cyberbullo in erba come è andata a finire? Che si è lamentato con gli operatori del progetto pilota che nessuno in classe è suo amico. E mio figlio, MIO figlio, ha avuto l'immenso coraggio, per un undicenne, di alzarsi e dire che non può pretendere di avere amici se si reputa in diritto di offendere chiunque, che chi sta con lui lo fa per paura di essere offeso e non per amicizia, che se vuole avere amici deve cambiare atteggiamento. E lui, dopo la lezione, si è scusato e lo ha ringraziato.
Concedetemi un attimo di pavoneggiante orgoglio materno.