domenica 25 agosto 2013

Pronti a partire

Bagagli: fatti. Misteriosamente fino allo scorso anno partivamo con due valige e due trolley, quest'anno nonostante l'aumentato ingombro dei vestiti dei bambini causa crescita spropositata i trolley si sono ridotti a uno. Aspetto di scoprire, una volta arrivati a Majorca, cosa ci siamo dimenticati di assolutamente indispensabile.
Casa: pulita, risporcata, ripulita, risporcata, ripulita e adesso è di nuovo un disastro. Ho deciso che la lascio com'è e domattina ci pensa il marito.
Gatta: in villeggiatura dalla signora del quinto piano, gattara storica del palazzo che è stata doverosamente informata su come gestire le crisi epilettiche della bestiola e diffidata dal nutrirla con qualcosa di diverso del cibo per gatti da noi fornito. Che poi non ce la faccio a mantenerla a filetto per il resto dell'anno.
Figli: in un parossismo di agitazione. Mi scuso fin d'ora con i tapini che li avranno come vicini in aereo.
Marito: invece pure. Ha già controllato millemila volte il terminal di partenza del volo, continua a essere Malpensa 1 ma ha ancora paura di sbagliare terminal.
Lavoro: -1. Ancora domani lavoro fino alla mezza ma, con l'inizio della scuola a orario ridotto che incombe e il Nonno SantoSubito in odor di doppio by-pass coronarico ogni giornata di ferie risparmiata è preziosa.

Detto questo saluto coloro che sono depressi per il rientro in città dopo le vacanze e mi appresto a partire.
Al prossimo nove settembre.

mercoledì 21 agosto 2013

Io la conoscevo bene

La prima volta che l'ho sentita nominare ero una bambina.
Mia nonna paterna, classe 1912 o giù di lì, dava per certo che abitasse in piazza a Peretola.
Ogni volta che la nominava l'uditorio si sperticava in grasse risate.
Poi sono cresciuta, e per un po' non ne ho più sentito parlare.
La professoressa di lettere delle prime due classi delle medie giurava che fosse una vicina di casa della madre, forse la madre abitava a Peretola, non mi è dato di saperlo. Ma ormai doveva avere i suoi anni.
Ne avevo persa qualunque traccia durante gli anni delle superiori, ma l'ho reincontrata in grande spolvero quando ho cominciato a lavorare.
Il collega della casa editrice per la quale vendevo enciclopedie porta a porta affermava di averle venduto una pubblicazione sull'erboristeria;
il commercialista dove facevo pratica di contabilità giurava di averle fatto la dichiarazione dei redditi;
il dirigente dell'impresa edile presso la quale ho lavorato per due anni le aveva venduto un appartamento, il presidente della stessa impresa, che era cancelliere civile in tribunale, sosteneva di aver avuto a che fare con una causa che la vedeva parte lesa;
la conosceva bene anche uno dei soci del centro elaborazione dati dove lavoravo prima di vincere il concorso;
al Ministero sostenevano che abitasse in provincia.
E, al solo pronunciare delle sue generalità tutti morivano dal ridere.
Quando mi sono sposata e sono venuta ad abitare a Torino credevo di essermene liberata.
Giammai, ormai ultracentenaria si era trasferita anche lei e mia suocera raccontava di quando le calcolava la busta paga di operaia della Grande Azienda Automobilistica.
Ovviamente ho lavorato con gente che aveva liquidato la sua pensione, ma non mi è mai capitata sotto mano la sua istanza per l'invalidità civile.
Credevo che fosse morta, ormai, ma appena ieri mi è stato giurato che figura nelle liste elettorali del comune.
Aspetto di conoscere il tipografo che stamperà il suo annuncio funebre e il marmista che, sghignazzando, le preparerà la lapide.
Ma evidentemente sono l'unica che non la conosce personalmente.
Mi rivolgo a chi legge perché a questo punto la curiosità mi attanaglia le viscere, se qualcuno ha una sua foto, un'immagine, un ritratto a china, olio, tempera, carboncino, acquerello o che altro me lo faccia avere, perché io devo vedere che faccia ha, visto che ormai da oltre 40 anni la sento nominare da tutti, tutti la conoscono, tutti hanno avuto a che fare con lei tranne me.
Cerco le prove dell'esistenza della Signora Domenica Melalavo coniugata Piazza.
Altrimenti conosciuta come Melalavo Domenica in Piazza.

P.s.: vanno bene anche immagini che certifichino inconfutabilmente l'esistenza dell'altra tapina meglio conosciuta come Rosa Culetto coniugata Vasino, alias Culetto Rosa in Vasino. Anche lei la conoscono in parecchi, a quanto sembra-

lunedì 19 agosto 2013

Cercare un senso nelle cose

Gamil abitava nei dintorni di El Fayum, ma lavorava come bagnino a Sharm el Sheik. Alto, bello, addominali scolpiti e capelli rasati. Esibiva con orgoglio un costumino anni '70 e la croce copta tatuata sul polso sinistro, quello del cuore.
Gamil adorava Emmepiccola, diceva che gli ricordava suo figlio che non vedeva da mesi, Emmepiccola ricambiava con entusiasmo, ogni volta che arrivava al bordo della piscina lo chiamava a gran voce, Gamiiiiiil!!!! e quello si liberava dalle turiste russe che pretendevano che spostasse loro il lettino ogni qualvolta il sole si muoveva e correva da lui. Lo faceva volare in alto, lo riprendeva al volo dai suoi tuffi spericolati in vasca, gli insegnava a nuotare a dorso. Quando lo abbiamo salutato alla fine delle vacanze era commosso e non voleva la mancia che volevamo lasciargli. Siete stati amici, non clienti.
Mohammed invece era mussulmano, veniva da un paese vicino Luxor e lavorava come barista a Marsa Alam. Che poi non ho mai capito cosa facciano i miei figli agli egiziani, ma alla fine anche da lui sono riusciti a farsi adorare. Magari è soltato perché io e Emmemaxi abbiamo insegnato loro che il personale dei resort non appartiene alla categoria degli schiavi ma dei lavoratori, e quindi le cose si chiedono educatamente, per favore, e si ringrazia dopo averle ottenute, che anche e soprattutto a loro sono obbligatori il buongiorno e la buonasera, che si deve rispettare il loro lavoro perché con il loro lavoro rendono piacevoli le nostre vacanze.
Comunque quando l'estate scorsa siamo andati a salutarlo perché eravamo in partenza ha chiamato i bambini dietro il banco del bar e li ha riempiti sottobanco di succhi di frutta in tetrabrick, nonostante il braccialetto dell'all-inclusive fosse stato rimosso da due ore.
Dovevamo partire martedì prossimo per Sharm, non sarà così.
E sono immensamente triste.
Ma non per la vacanza che non si farà, andremo da un'altra parte.
Io amo profondamente l'Egitto, è un Paese con il quale, per tante ragioni, il mio cuore è legato a doppio filo.
E adesso che vedo le immagini che arrivano da Il Cairo e riconosco quelle strade, quel ponte da cui la giornalista racconta di scontri, di sparatorie, di morti, di stragi, il mio cuore sanguina come se fosse sotto le pallottole.
E non riesco a trovare un senso a tutto questo, non riesco a concepire una democrazia imposta con le armi, non riesco a giustificare chi uccide in nome di qualunque Dio, la verità mi sembra una coperta così corta che da qualunque parte la tiri ti lascia i piedi scoperti.
Provo un enorme schifo nei confronti dei miei connazionali che si lamentano e si incazzano perché la loro vacanza "è rovinata", come puoi pensare che sia vacanza quando a poche centinaia di chilometri la gente muore?
Emmegrande sta aspettando da sabato che il suo amico Elshra, compagno di classe che trascorre l'estate a Il Cairo con i nonni, risponda al messaggio che gli ha inviato per sapere se è tutto a posto. Io cerco di tranquillizzarlo, probabilmente ci sono problemi con la linea o non avrà portato il cellulare in Egitto, vedrai che al primo giorno di scuola lo ritroverai senza alcun danno, ma anche io temo per lui, per le sorellina piccola e i suoi codini buffi e per la sorella grande, che ha scelto di non portare il velo e quest'anno deve cominciare le superiori, per la loro mamma che si annoda il velo in maniera vezzosa e indossa le t-shirt di hallo kitty. E per il loro papà, che non va mai con loro perché lavora per tutta l'estate e magari li sta aspettando.
L'unica cosa che mi consola è che Gamil, a El Fayum, e Mohammed nel suo paesino vicino Luxor non dovrebbero trovarsi sui fronti opposti della stessa barricata.
Ma piango per tutti i Gamil e tutti i Mohammed che non torneranno più a lavorare per noi nei resort.
Risorgi, Egitto.

giovedì 15 agosto 2013

Co' 'a pummarola ' coppa.

Nella mia famiglia di origine il rito della salsa di pomodoro ha radici antiche.
La Nonna Sbullonata già dalla metà di luglio perlustra i mercati e i supermercati a caccia dei pomodori San Marzano migliori, valutando attentamente il rapporto qualità prezzo e il grado di maturazione.
Poi ingaggia una vicina di casa automunita per l'approvvigionamento e torna a casa con una decina di cassette, a questo punto entra in scena la Zia Quicquia che immediatamente critica l'acquisto in quanto i pomodori sono
  • troppo piccoli;
  • troppo grandi;
  • poco maturi;
  • troppo maturi.
Seguono un paio d'ore di lite tra le due che si concludono con l'affermazione perentoria della zia "Si vedrà cosa ne esce di buono!".
Il giorno dopo le due si trasformano in stregonesse estraendo da chissà dove un enorme pentolone di alluminio dove per ore sobbolle la misteriosa miscela con una sorella a turno che la rimesta con il cucchiaio di legno lungo ottanta centimetri.
Quando la cottura della mistura viene ritenuta adeguata le due estraggono ancora un misterioso marchingegno, il fantomatico "passapomodoro" che riesce pure a separare le bucce e i semi dalla polpa e cominciano a ridurre il tutto in purea che poi versano religiosamente negli appositi barattoli.
L'operazione di sterilizzazione in pentoloni di acqua bollente chiude il tutto, lasciando le due stremate in una cucina invasa da barattoli rossi, e alla fine della giornata, come ogni anno, annunciano ufficialmente che sarà l'ultima volta, che dal prossimo anno andrà benissimo quella del super che non ha mai ammazzato nessuno.
Tanto sanno che non è vero, entrambe non riescono a mangiare altro che QUELLA salsa di pomodoro, qualunque altra verrà considerata troppo pallida o troppo rossa, troppo dolce o troppo acida, troppo o poco di qualunque cosa.
Avendo vissuto per 35 anni tutta la manfrina avevo giurato e spergiurato che mai nella mia vita, la salsa di pomodoro la si fa al momento in padella, un po' di aglio, un po' di basilico, un po' di peperoncino e va benissimo. Ovviamente le due non sono d'accordo, e ogni anno mi foraggiano di barattoli perché i loro preziosi nipoti non vadano incontro a infezioni intestinali mangiando la salsa che cucino io.
Orbene, quest'anno un collega di Emmemaxi si è dato all'agricoltura e a quanto sembra si è rivelato uno specialista nella coltivazione del pomodoro San Marzano. Da una settimana e oltre il marito torna a casa con un sacchetto di pomodori appena colti. I San Marzano sono i miei preferiti anche in insalata, ma quando hanno riempito il cassetto della verdura e hanno invaso i ripiani del frigo ho capito che era giunto il momento di rimangiarmi il giuramento e cimentarmi nella preparazione della salsa. Doverosamente istruita dalla Nonna Sbullonata per telefono, e dopo una successiva chiamata della Zia Quicqua che mi ha detto come vanno "veramente" fatte le cose, complice un ozioso ferragosto cittadino mi sono messa all'opera.

Ricetta della salsa di pomodoro sbullonata

Le dosi sono rigorosamente empiriche.
Il pentolone usato è una pastaiola da cinque l., ovviamente senza il colapasta.
Pulite e pelate quattro carote medie, tre gambi di sedano,
una cipolla bianca grande,
foglie di basilico a piacere.
Fate a pezzi grossolani la verdura e qualche pomodoro,
bagnate con poco olio e.v.o. e un po' d'acqua,
lasciare ammorbidire a fuoco basso per una ventina di minuti,
aggiungere il resto dei pomodori a pezzi, una presa di sale
e un cucchiaino di zucchero.
Fate prendere bollore e abbassate il fuoco.
Disponetevi a una lunga attesa mentre le verdure cuociono,
i pomodori si disfano,
l'acqua di vegetazione è quasi completamente assorbita.

E fino qua tutto bene, mi sono pure fatta la manicure mentre aspettavo. I dolori sono cominciati quando è arrivato il momento di passare il tutto. No, noi non abbiamo la macchina miracolosa che scarta le bucce e i semi e riduce tutto il poltiglia. Ho avuto la malaugurata idea di utilizzare il robot da cucina, nello specifico la lama per fare le verdure alla julienne. Ne abbiamo ottenuto pochi cl di acqua rossa e un budino al pomodoro e verdure che non passava dalla lama.
Abbiamo rimescolato il tutto e siamo ricorsi al vecchio passatutto, il marito ha lavorato di muscoli e pazienza finché non ha ottenuto la salsa.
A quel punto la cucina sembrava il set di un film di Quentin Tarantino, la gatta si era nascosta sotto il letto e noi avevamo deciso che d'ora in poi solo pasta in bianco.
Ho riempito i barattoli aggiungendo ancora un paio di foglie di basilico fresco, li ho avvolti in panni puliti e fatti bollire per 40' coperti d'acqua fino a un paio di cm. sopra il coperchio.
Due sono stati recidivi e li ho dovuti bollire per due volte, non ne volevano sapere di fare il famoso "clack" che sigilla il tutto.
Alla fine di una dura giornata di lavoro e sudore questo è il risultato
Sei succulenti barattoli di salsa assolutamente genuina e home-made.
Sei barattoli, una giornata di lavoro.
Sei barattoli.
Stremata sul divano annuncio che questa è l'ultima volta, dal prossimo anno andrà benissimo quella del super che non ha mai ammazzato nessuno.

lunedì 12 agosto 2013

Alta stagione (cinquecentosessanta)

Ferve l'alta stagione, nella Ridente Cittadina Costiera.
Godzilla, la bagnina, è il piena attività, smazza ombrelloni come fossero tris a poker, viaggia tra le file di lettine con il nipotino di un anno in braccio, raccogliendo complimenti con la stessa aria che avrebbe la cara vecchia Liz se decidesse di portare il royalbaby al parco.
Gli ambulanti espongono vestiti etnici di dubbia provenienza, occhiali da sole raybanoriginalidavvero, borse taroccate e bigiotteria fatta-a-mano-dalle-donne-del-loro-villaggio insieme a chiostre di denti candidi e accavallati, amico non ti posso fare lo sconto, lo pago io questa cifra!
A intervalli regolari passa coccobello, seguito dal venditore di bomboloni, mesi trascorsi a prepararsi per la prova costume naufragano miseramente nell'odore di crema pasticcera e di fritto.
Niente pallone sulla spiaggia, niente freesbe, niente racchettoni, se volete giocare andate dagli sfigati della spiaggia libera.
Al "Gommapiuma" per cinque euro puoi buttare tuo figlio sui gonfiabili e lasciarlo rimbalzare finché si stanca, gli adulti si litigano le poche sedie disponibili oppure litigano con il gestore che ha l'assurda pretesa di non lasciare che si fumi all'interno dell'area giochi. Ecchecazzo, nemmeno più all'aperto? Sembra di essere in galera!
Negli appositi spazi fioriscono manifesti come aiole colorate:
- Al dancing serata revival anni '80;
- Giornata in battello alle Cinque Terre, visita e fritto misto di pesce, rientro alle 19.00, adulti 35 €, bambini da due a undici anni 20 €, bambini sotto i due anni gratis;
- Vi aspettiamo alla sagra della panzanella;
del tordello;
della pattona;
della polenta ficca;
ballo liscio e karaoke tutte le sere.
Piccolo piccolo e semi coperto da uno sfacciato annuncio che promette "fresco e niente zanzare alla sagra del panigaccio" un manifesto che invita a ricordare.
Ma cosa volete farci ricordare? E' quasi ferragosto, siamo in vacanza. Riposo, relax, divertimento, ricchi premi e cotillon.
La politica lasciamola perdere se non per quei discorsi qualunquisti tra vicini di ombrellone, tanto son tutti uguali e son tutti ladri, anche per quest'anno ci hanno lasciato i soldi per la settimana in albergo a due stelle, il prossimo anno si vedrà.
Il campionato ricomincia il 25, se torniamo il giorno prima facciamo in tempo ad andare allo stadio.
Non abbiamo voglia, non abbiamo tempo, non abbiamo memoria.
Pochi chilometri più in collina, dove il mare lo si vede da lontano e ancora sembra bello e pulito, senza il riflesso rossiccio delle alghe portate a riva dalla burrasca della settimana scorsa c'è Sant'Anna, che oggi piange da 69 anni cinquecentosessanta suoi figli.
Una strage impunita, archiviata come una "normale azione di rappresaglia". Cinquecentosessanta morti ammazzati senza colpa e senza giustizia.
Dimenticate per un attimo di essere in alta stagione, e concedetevi il tempo per ricordarli.
I loro nomi sono qui.

mercoledì 7 agosto 2013

Cultura e cul tura

Brunetta dixit:
"Un buon motivo per non andare all'inferno è l'idea di trovarci Benigni che ripete la sua solfa uccidendo Dante anche là."
Ipotesi n° 1: Brunetta non sa chi sia Dante, probabilmente pensa che sia il gatto che il settenne Benigni stese durante una scorribanda in bicicletta (notizia non suffragata da prove storiche)
Ipotesi n° 2: Brunetta teme la diffusione della cultura.
Tesi atta a suffragare la seconda ipotesi.
Fino all'abolizione della schiavitù era proibito ai neri americani l'apprendimento della lettura e della scrittura. Anche successivamente si è cercato di impedire loro l'accesso al sistema scolastico sia pubblico che privato. Una persona istruita, colta, capace di leggere e interpretare correttamente è pericolosa, perché prima o poi verrà a conoscenza dei propri diritti e scoprirà quali sono i mezzi per ottenerli, le sedi opportune per rivendicarli, la dialettica per non farsi fregare.
Diffamando la cultura si cerca di allontanarla dalla persona comune, che cercherà svago nei programmi televisivi popolati di topone e tronisti appitonandosi completamente il cervello.
Una volta ottenuta questa lobotomia mediatica il cittadino sarà completamente asservito ai politici, malleabile come creta e gli si potrà far credere qualunque cosa, tipo che Cristo è morto dal sonno.
Una persona ignorante, dalla scarsa comprensione e dall'eloquio povero non potrà mai fare alcunché se non poltrire davanti alla tv in un circolo vizioso infinito, abbrutendosi e riducendosi incapace di discorsi comprensibili e pensieri coerenti.
Obiezione.
Calderoli, La Russa, Scilipoti, Brunetta, the Bossi family nonostante siano palesemente ignoranti e abbrutiti hanno fatto una folgorante carriera.
Concluisione.
Come al solito ho capito un'emerita cippa. 

domenica 4 agosto 2013

La graziella gialla

Ogni anno è la stessa storia.
Arriviamo ai primi di agosto stanchi, nervosi, aggressivi per il caldo e i tentativi di far combaciare orari di lavoro e del centro estivo fino a che non andiamo a portare i bambini al mare.
Fine settimana tutti insieme nella Ridente Cittadina Costiera, nella casa che fu dei genitori del Nonno SantoSubito e prima di ripartire sganciamo uno dei due Emme dalle Nonne che sono in vacanza nel lido vicino. Il fine settimana dopo si replica cambiando gli Emme.
E io che sogno la casa vuota, senza carte di Yu-gi-oh tra i  piedi, senza vestiti e scarpe da raccogliere dai posti più disparati, senza cartoon o Mtv che urlano dallo schermo e poi mi ritrovo a condividere una stanza con la gatta e mi sento improvvisamente sola.
E un pochino triste.
In più questa volta si è aggiunto un piccolo magone in più.
Già, cara NonnaBionda, è "colpa" tua. Di questi giorni sono cinque anni che te ne sei andata, del resto una che amava viaggiare come te non poteva organizzare la sua più grande partenza che nei giorni del grande esodo di massa. E te ne sei andata continuando a fare progetti per il futuro, per le cure termali a settembre e per la scuola di Emmegrande che sarebbe cominciata di lì a poco.
Che i tuoi nipoti li hai sempre adorati, ma il maggiore era più tuo dell'altro, ridendo dicevamo sempre che ne avevo fatto uno per te e uno per tuo mariito. E ridevo, ma questa storia mi ha sempre fatto un po' incazzare, non sopportavo che tu pretendessi di dirmi come dovevo crescere mio figlio, che mentre io lo sgridavo per qualche monelleria tu continuassi ad abbracciarlo e baciarlo sotto i miei occhi. Così come probabilmente tu hai mal sopportato la mia cialtroneria e la mia ruvidezza, tu che eri una Signora con la maiuscola, sempre inappuntabile, perfettamente vestita e pettinata e truccata, con la casa sempre in ordine.
Ma ci volevamo bene e ci siamo fatte anche delle belle risate, delle belle confidenze, ognuna con le nostre diversità, con le nostre arrabbiature ma con la consapevolezza del nostro affetto reciproco.
E poi lo hai sempre saputo che adoro tuo figlio, che per i bambini darei la vita, che comunque ce l'ho sempre messa tutta.
Emmegrande, ancora adesso, a volte apre l'armadio e caccia il naso nella tua pelliccia, che tuo marito ha voluto che prendessi io e che avrò iindossato sì e no due volte, durante le ondate di neve e freddo polare. Dice che sa odore di nonna.
A te stava bene, io con quel pelo addosso sembro un'orsa goffa e sgraziata.
La casa del mare ha ancora lo stesso odore, nei cassetti, nei centrini sui comodini, nel maglione che ti avevo regalato e che è ancora nel primo cassetto, nelle boccette di smalto per le unghie ormai raggrumato che sono in bagno.
E nella graziella gialla che usavi per andare al mare, sfidando impavida il viale principale.
Dall'ombrellone del vecchio bagno ti vedevamo che l'assicuravi con la catena al parcheggio e scommettevamo quanto ci avresti messo ad arrivare, mezz'ora o più perché ti dovevi fermare ad ogni ombrellone, ad ogni sdraio, a salutare, a cianciare, a curiosare, a fare la "psicologa da spiaggia" come diceva tuo figlio.
Ecco, quella graziella gialla da quest'estate la usa Emmegrande, orgoglioso e fiero di poggiare i piedi su quei pedali, fa un casino micidiale con i freni ma è diventato così grande che va bene per lui.
E quando arriva sulla spiaggia impiega esattamente lo stesso tempo che impiegavi tu per raggiungere l'ombrellone, prima i sono le soste al ping pong, al calcio balilla, al campo da calcio, all'ombrellone dell'amico...
E mentre lo vedevo incedere veloce sulla ciclabile pensavo a quando ne saresti orgogliosa, e ho dato la colpa della lacrima che mi è scesa all'acqua di mare negli occhi.