A settembre saranno trascorsi tre anni da quando hai varcato per la prima volta il cancello della scuola media.
Oggi ne uscirai per l'ultima volta, dopo l'esame.
E se chiudo gli occhi mi sembra ieri, quando li riapro è passata un'eternità che mi ha portato via quel bambino timido, paffuto e insicuro per restituirmi un adolescente lungo e magro.
Ripenso al terrore nei tuoi occhi in quel primo giorno, la paura di tutto ciò che era nuovo.
Nuova scuola, nuovi compagni, nuovi insegnanti, nuove materie, e ricordo l'enorme lampo di sollievo quando, tra i nomi di quelli che avrebbero condiviso con te il nuovo percorso, fu annunciato quello del tuo amico da sempre, del tuo socio. Una continuità con quello che era stato, una figura amica per sentirti meno solo.
A dire il vero quando venni a riprenderti all'uscita ebbi immediata la tentazione di andare dalla preside e chiederle di rendermi il mio bimbo, ché quello che era uscito da quel cancello non eri più tu.
"Cosa ci fai qui, mamma? Torno a casa a piedi con i miei amici, vai pure!".
No, non è stato facile.
Non è stato per niente facile.
Dal doverti dare le chiavi di casa perché al ritorno spesso non avresti trovato nessuno se non un pasto pronto da scaldare nel microonde;
dal doverti concedere un cellulare per qualsiasi evenienza, che papà e mamma al pomeriggio non ci sono e rendersi conto dopo mezza giornata che l'evenienza più urgente era scaricare il nuovo videogame o stare per ore in chat con i tuoi amici;
dal doverti urlare dopo nemmeno una settimana QUESTA CASA NON E' UN ALBERGO, non sono cambiate le regole perché adesso hai i professori invece che le maestre.
E poi la terrificante classe del primo anno, che continuo a pensare sia stato uno sciagurato esperimento sociale da parte della dirigenza scolastica, la tua tendenza a frequentare sempre i compagni più scalmanati perché più simpatici, i colloqui con i professori che sì, il ragazzo ha un'intelligenza brillante e indubbie capacità ma tende a fare sempre il minimo.
I professori sempre nuovi, sempre diversi, quella di matematica che tanto doveva andare in pensione e chissene e quella di italiano del secondo anno, bella, giovane, solare, sempre disponibile, sempre attenta, sempre empatica e coinvolgente. Ti ha fatto amare la letteratura italiana, ti ha fatto capire che potevi capire.
E poi studia, molla quel cellulare, molla quel joystick, guarda che quando torno ti interrogo, è possibile che tutti alle medie si ammazzino di compiti e tu non hai mai un cazzo da fare?
Però i voti sono buoni, a parte qualche picchiata in discesa quando proprio non ti sei ricordato della verifica, la sensazione di parlare sempre e comunque al vento.
Sei uscito stamani per andare a sostenere l'esame corale di musica, oggi pomeriggio avrai l'orale. Io sono terrorizzata e ansiosa, tu no. Ti sei lavato-profumato-pettinato e ben vestito, devi fare buona impressione fino da subito, hai indossato la tua migliore faccia da schiaffi e te ne sei andato sorridendo.
Dov'è andato il mio bambino pieno di dubbi?
Non lo so, ma so che è meglio così.
Non sei cambiato solo fisicamente, le scuole medie continuano a sembrarmi poco utili didatticamente ma senza dubbi sono state fondamentali per la tua crescita come persona e non sai quante volte la persona che sei diventato mi ha reso orgogliosa. Certo, non quando hai fatto flanella rimediando stupide insufficienze in materie in cui non hai mai avuto problemi (tanto rimedio alla prossima verifica), non quando hai riportato sul diario altrettanto stupide note per esserti dimenticato a casa il libro, il quaderno, il materiale, talora la testa.
Ma quando hai sostenuto a testa alta le discussioni sui temi di attualità, smontando punto dopo punto le tesi dei tuoi compagni razzisti, omofobi, misogini;
Oggi ne uscirai per l'ultima volta, dopo l'esame.
E se chiudo gli occhi mi sembra ieri, quando li riapro è passata un'eternità che mi ha portato via quel bambino timido, paffuto e insicuro per restituirmi un adolescente lungo e magro.
Ripenso al terrore nei tuoi occhi in quel primo giorno, la paura di tutto ciò che era nuovo.
Nuova scuola, nuovi compagni, nuovi insegnanti, nuove materie, e ricordo l'enorme lampo di sollievo quando, tra i nomi di quelli che avrebbero condiviso con te il nuovo percorso, fu annunciato quello del tuo amico da sempre, del tuo socio. Una continuità con quello che era stato, una figura amica per sentirti meno solo.
A dire il vero quando venni a riprenderti all'uscita ebbi immediata la tentazione di andare dalla preside e chiederle di rendermi il mio bimbo, ché quello che era uscito da quel cancello non eri più tu.
"Cosa ci fai qui, mamma? Torno a casa a piedi con i miei amici, vai pure!".
No, non è stato facile.
Non è stato per niente facile.
Dal doverti dare le chiavi di casa perché al ritorno spesso non avresti trovato nessuno se non un pasto pronto da scaldare nel microonde;
dal doverti concedere un cellulare per qualsiasi evenienza, che papà e mamma al pomeriggio non ci sono e rendersi conto dopo mezza giornata che l'evenienza più urgente era scaricare il nuovo videogame o stare per ore in chat con i tuoi amici;
dal doverti urlare dopo nemmeno una settimana QUESTA CASA NON E' UN ALBERGO, non sono cambiate le regole perché adesso hai i professori invece che le maestre.
E poi la terrificante classe del primo anno, che continuo a pensare sia stato uno sciagurato esperimento sociale da parte della dirigenza scolastica, la tua tendenza a frequentare sempre i compagni più scalmanati perché più simpatici, i colloqui con i professori che sì, il ragazzo ha un'intelligenza brillante e indubbie capacità ma tende a fare sempre il minimo.
I professori sempre nuovi, sempre diversi, quella di matematica che tanto doveva andare in pensione e chissene e quella di italiano del secondo anno, bella, giovane, solare, sempre disponibile, sempre attenta, sempre empatica e coinvolgente. Ti ha fatto amare la letteratura italiana, ti ha fatto capire che potevi capire.
E poi studia, molla quel cellulare, molla quel joystick, guarda che quando torno ti interrogo, è possibile che tutti alle medie si ammazzino di compiti e tu non hai mai un cazzo da fare?
Però i voti sono buoni, a parte qualche picchiata in discesa quando proprio non ti sei ricordato della verifica, la sensazione di parlare sempre e comunque al vento.
Sei uscito stamani per andare a sostenere l'esame corale di musica, oggi pomeriggio avrai l'orale. Io sono terrorizzata e ansiosa, tu no. Ti sei lavato-profumato-pettinato e ben vestito, devi fare buona impressione fino da subito, hai indossato la tua migliore faccia da schiaffi e te ne sei andato sorridendo.
Dov'è andato il mio bambino pieno di dubbi?
Non lo so, ma so che è meglio così.
Non sei cambiato solo fisicamente, le scuole medie continuano a sembrarmi poco utili didatticamente ma senza dubbi sono state fondamentali per la tua crescita come persona e non sai quante volte la persona che sei diventato mi ha reso orgogliosa. Certo, non quando hai fatto flanella rimediando stupide insufficienze in materie in cui non hai mai avuto problemi (tanto rimedio alla prossima verifica), non quando hai riportato sul diario altrettanto stupide note per esserti dimenticato a casa il libro, il quaderno, il materiale, talora la testa.
Ma quando hai sostenuto a testa alta le discussioni sui temi di attualità, smontando punto dopo punto le tesi dei tuoi compagni razzisti, omofobi, misogini;
quando unico in classe hai dimostrato di conoscere le storie di Malala e di Peppino Impastato, di Falcone e Borsellino;
ogni volta che un professore mi ha detto che da te si aspettava grandi cose, che avevi grandi opportunità, che potrai arrivare ovunque tu decida di andare,
purché tu lo voglia.
A settembre nuovo giro, nuova corsa, nuova scuola, nuovi compagni.
Pensieri? Per me un milione, per te sembra meno di zero.
Ti senti cresciuto, ti senti grande, avrai tempo per renderti conto che di strada ne devi fare ancora tanta, quasi tutta in salita, ma hai gambe forti e un bel cervello, ce la farai.
Purché tu lo voglia.
E adesso goditi l'estate più bella della tua vita, quella senza compiti, quella senza pensieri, quella che sì, ricomincia un ciclo nuovo ma la vita adulta è ancora lontana, almeno altri cinque anni.
E nel mio orgoglio per l'uomo che stai diventando, che adesso chiamo a gran voce quando ho bisogno di prendere i barattoli sugli scaffali più alti della cucina, continuo a ricercare il bimbo paffuto e timido che le scuole medie mi hanno portato via.
Ogni tanto lo ritrovo in un abbraccio, anche se adesso a posare la testa sulla sua spalla sono io, perché lui è ben più alto di me.
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