Il 4 delle 7.40 è meno pieno del solito, oggi pomeriggio è previsto lo sciopero dei mezzi pubblici e molti si spostano in automobile. La panchina nello snodo ha due posti occupati e due liberi, mi siedo e comincio a leggere. I due ragazzi accanto a me parlano fitto fitto a voce bassa, i volti vicinissimi, gli occhi negli occhi, le bocche sorridenti. Alla fermata successiva sale la classica vecchiaccia da tram, ingombrante, cotonata-pittata-schifata. Si alzano contemporaneamente per cederle il posto, lei si siede e loro rimangono in piedi, entrambi. Si capisce che non vogliono stare divisi neppure per qualche fermata di tram.
E continuano a guardarsi negli occhi con tutta la luce di questa mattinata che anticipa la primavera, continuano a parlare fitto fitto nell'eterno linguaggio delle persone innamorate, sorridono, ridacchiano di sciocchezze.
Poi, è un momento, un battito di ciglia, e una mano scivola nell'altra. Una mano dalle unghie smangiucchiate ma provocatoriamente smaltate di nero, l'altra sottile, esile, pallida.
Mi ricorda una farfalla, forse una libellula.
Con un gesto forte e delicato stringe l'altra mano.
La vecchiaccia guarda la scena, guarda me, arriccia il labbrino dipinto di rosa corallo e sentenzia che ai suoi tempi certo schifo non si vedeva.
Dovevano essere ben tristi i suoi tempi, rispondo io.
Le mi guarda ancora, sorpresa e sdegnata, e tace.
Loro non si sono accorti di niente, ridono di qualcosa che sanno solo loro.
Io li guardo, con lo sguardo di solidarietà che le persone innamorate riservano a chi è come loro, penso alla mano di mio marito che cerca la mia quando camminiamo per strada, o per una stretta fugace al semaforo rosso.
Loro sentono il peso del mio sguardo, la mano con le unghie smaltate fa per ritrarsi, ma l'altra continua a stringerla e io continuo a sorridere, allora mi sorridono anche loro.
E tenetevele strette quelle mani, oggi e per sempre, e conservate quella luce negli occhi.
Continuate a farvi discorsi scemi e senza senso su tutti i tram e su tutte le strade del mondo.
E chi cazzo se ne frega se magari vi chiamate Luigi e Filippo.
O Claudio e Simone.
O come cavolo vi chiamate.
E continuano a guardarsi negli occhi con tutta la luce di questa mattinata che anticipa la primavera, continuano a parlare fitto fitto nell'eterno linguaggio delle persone innamorate, sorridono, ridacchiano di sciocchezze.
Poi, è un momento, un battito di ciglia, e una mano scivola nell'altra. Una mano dalle unghie smangiucchiate ma provocatoriamente smaltate di nero, l'altra sottile, esile, pallida.
Mi ricorda una farfalla, forse una libellula.
Con un gesto forte e delicato stringe l'altra mano.
La vecchiaccia guarda la scena, guarda me, arriccia il labbrino dipinto di rosa corallo e sentenzia che ai suoi tempi certo schifo non si vedeva.
Dovevano essere ben tristi i suoi tempi, rispondo io.
Le mi guarda ancora, sorpresa e sdegnata, e tace.
Loro non si sono accorti di niente, ridono di qualcosa che sanno solo loro.
Io li guardo, con lo sguardo di solidarietà che le persone innamorate riservano a chi è come loro, penso alla mano di mio marito che cerca la mia quando camminiamo per strada, o per una stretta fugace al semaforo rosso.
Loro sentono il peso del mio sguardo, la mano con le unghie smaltate fa per ritrarsi, ma l'altra continua a stringerla e io continuo a sorridere, allora mi sorridono anche loro.
E tenetevele strette quelle mani, oggi e per sempre, e conservate quella luce negli occhi.
Continuate a farvi discorsi scemi e senza senso su tutti i tram e su tutte le strade del mondo.
E chi cazzo se ne frega se magari vi chiamate Luigi e Filippo.
O Claudio e Simone.
O come cavolo vi chiamate.
Incassa e porta a casa, brutta vecchiaccia stitica!
RispondiEliminaSegnala il post a Ozpetek e ne trarrà un film ;-)
RispondiEliminasi chiamano innamorati e tanto può bastarci.
RispondiEliminaqueste parole e le immagini che mi hai trasmesso mi hanno bruciato il cuore.
Questo tuo post è bellissimo.... Mi sono immaginata su quel tram, a quella scena. W l'amore!!!!
RispondiElimina